CONTATTI
scritti, mail, audio e video audio |
CONDIVIDI E DIFFONDI LA PIATTAFORMA IL FILO DEL MAGISTRATO O QUESTA PAGINA OVUNQUE VUOI E CON UN CLICK |
Come dati "tecnici" da
lei richiesti le indico su banca
dati, visionabili e scaricabili:
https://drive.google.com/folderview?id=0Bz8ZSwosruM0bjhHcVFFZG9IREU&usp=sharing
SECONDA FASE ( procedura di dispensa 2011 2012 )
AL CSM fu inviata anche copia integrale del memoriale, prove e documenti sulle vicende a monte sino alla data dell'ottobre 2012. MI permetto di chiederle di leggere con attenzione l'articolo ricostruzione sotto e compulsare i link di riferimento, e le rammento che vi sono anche altre approfondite analisi da me propalate pubblicamente e tutte visionabili nel sito www.paoloferrarocdd.blogspot.it . In quanto Le possa essere utile metto a disposizione anche il parere interamente trasfuso nel provvedimento attraverso il quale il CSM nel 2012 ( !!!! si nel 2012 !!!) ha promosso per merito il sottottoscritto alla sesta fascia di professionalità - magistrato di cassazione di sesta fascia - https://drive.google.com/file/d/0B7srLT3vW5caaVpjdHJ6Qmkxc1U/edit?usp=sharing ed una scheda su "Paolo Ferraro" diffusa un rete https://www.evernote.com/shard/s207/sh/5e23c80e-b9a2-4e57-a91e-e77faa00fa8e/8fdb42da779ee8b922073db7d68dba45
Cordiali saluti ED
ORA
mediante la
ricostruzione dettagliata tratta
in parte dal MEMORIALE ,
il fedele resoconto di tutto quello che
di più rilevante sotto i profili menzionati
è accaduto tra il novembre 2008 ed il
2011. REVISIONE E RIELABORAZIONE AD OPERA DI
TERZA PERSONA CHE HA AUTONOMAMENTE
STUDIATO TUTTA LA DOCUMENTAZIONE E COLLEGATO
VARI SPEZZONI INFORMATIVI..
|
UN PROFILO ARTIFICIALE INVENTATO (ANCHE
PROGETTATO
DA TEMPO)
- Seconda
Parte -
Prefazione, rielaborazione e stralci collegati Quanto
mostrato ed argomentato
nella prima parte di
questo articolo
costituisce la prima evidenza
dell’esistenza di
un’organizzazione coordinata di
soggetti che operano in tutti
gli strati della società
(ambienti militari,
magistratura, psichiatria fino
alla “casalinga” moglie separata
di militare impiegato presso lo
stato maggiore della difesa,
Sabrina). Per la prima volta,
nel “trattamento” del magistrato
Paolo Ferraro, qualcosa è andato
storto nell’ambito di quello che
era ed è l’applicazione di un
protocollo di “gestione” ben
oliato da decenni e che fino a
quel momento aveva mietuto le
sue vittime in modo discreto:
mascherato di norma da “vicenda
personale” del malcapitato
(abbiamo già citato il caso
Marrazzo) o da "patologia
professionale".
Corredano
il quadro strane “morti
naturali” (i procuratori aggiunti
Caperna e Saviotti e in generale una
percentuale di morti per infarto
superiore alla media), “omicidi di
mafia” (Falcone e Borsellino), morti
bianche, omicidi con sparizione del
cadavere (come purtroppo probabile
nel caso del dott. Adinolfi).
Caratteristiche
e
finalità di questa
organizzazione emergono dall’evidenza
del
suo stesso operare piuttosto
che da una descrizione
targhetta che finirebbe per
confondersi con le narrazioni
più o meno fantasiose e
complottistoidi oggi diffuse,
talvolta ad arte, per creare
confusione o
mitologizzare a copertura
del reale. L'etichetta e il
nome SUPERGLADIO, sintesi tra
massonerie di alti livelli,
poteri militari poteri
internazionali e criminalità
organizzate con forte
infiltrazione e partecipazione
di uomini dei servizi militari
e civili (ripetiamo, "deviati"
, perchè lo sviamento del
tuolo esiste anche per i
servizi segreti), ha il pregio
di descrivere una realtà di
vertice segreto
articolata ma
ordinata secondo un
filone strategico e di
gestione di potere finalizzato
ma sul piano storico politico
.
I filoni
di caste borghesi antiche e/o ricche
ricche e deviazioni , l'esoterismo
di apparati deviati e la matrice
massonico più o meno deviata ed
altre giustapposte ( compresi neo
culti orientaleggianti e filoni
antico massonico militar cattolici)
costituiscono invece singoli
tasselli di un mosaico davvero
estremamente complesso, che ha però
necessariamente le sue stanze
di compensazione.
Ma dove
si unificano le scelte e sotto la
ègida di chi ?! Come si
"condividono" le scelte?! A noi è
stato raccontato anche
analiticamente ma in attesa di
ulteriori corposi riscontri,
preferiamo far arrivare tutti,
attraverso una analisi
condotta per dati fatti e realtà
direttamente e concretamente
osservabili, ad una
consapevolezza di quadro su base
concreta .
Vedremo
in questa seconda parte
dell'articolo come la costruzione di
un profilo patologico artificiale di
personalità architettato
contro il magistrato
Paolo Ferraro abbia raggiunto il suo
culmine nelle vicende del 2008 e del
2009 con il sequestro e fallito
tentativo di eliminazione per via
psichiatrica “breve” (che porterà
allo scoperto diversi soggetti nei
rispettivi ruoli). Ma soprattutto
abbiamo già illustrato e vedremo
ancora come alla luce di
quanto accaduto dal 2008 si possa
individuare un lavorìo intorno alla
sua persona risalente ai decenni
precedenti (come minimo dai primi
anni ’90), fino ad individuare
vertici e comprimari di quello che
si delinea come una porzione
significativa"condivisa" del
vero e proprio apparato
all'opera. Non miti, burattinai ed
altre analoghe
fantascientifizzazioni: corpi e
professionisti coordinati che si
muovono in sintonie precise,
con uomini chiave nei posti
chiave. Tutta roba ordinaria se non
fosse che non è mai stata
illustrata, svelata, descritta,
anatomizzata con la finalità di
disvelarne metodologie strumenti e
ed attività illegali nel cuore dello
Stato ( Magistratura e medicina
) per consentire un intervento
concreto sui vari piani che permetta
di ripristonare condizioni di
legalità necessarie. Si tratta
di associazioni per delinquere che
si avvalgono della omertà e del
potere anche territoriale mediato
dalle grandi organizzazioni
criminali, ma soprattutto del
potere collegato a ruoli
professionali istituzionali
orientati ed ispirati da fini di
gestione, controllo e come
sempre infine lucro delle
organizzazioni medesime , in
sintonia varia con organismi e
poteri intternazionali. Poteri e
ruoli professionali e istituzionali
piegati a fini criminali, ed
innanzitutto per preservare le
organizzazioni e il bene prezioso
della loro "segretezza". IN questo è
incappato per la "fortuna di tutti"
il magistrato PAolo Ferraro.
La riflessione racconto riparte dalla registrazioni già effettuate: per tutto quello che precede si rinvia al MEMORIALE SU DVD parte prima, e agli articoli che hanno minuziosamente ricostruito fatti ruoli accadimenti e contesti e contestualizzato minuziosamente ciò che emergeva dai fatti della CEcchignola ed antefatti del mondo giudiziario romano.
Il 20
Novembre 2008 Paolo Ferraro decide
di dire a Sabrina quel che aveva
sentito nelle prime registrazioni
già approfonditamente valutate.
Avvertì la donna del quadro che
emergeva anche con un sms (ALL. 3).
Depositata la denuncia fece due
precisazioni al maresciallo capo
Massimo Campi, ufficiale di
polizia giudiziaria con cui aveva
rapporti di amicizia e stima (non
avendo all’epoca ancora attribuito
un qualche utile significato a
quello stemmino di un “ordine
cavalleresco militare” da lui
esibito due anni prima con
orgoglio).
Con
dolcezza e senza in alcun modo
allarmare il minore che era in casa,
in occasione di un’uscita in
macchina per fare la spesa (giovedì
20 Novembre 2008) Ferraro
aveva illustrato la situazione a
Sabrina, che alla contestazione di
frasi precise fece un racconto
parzialmente reticente di ciò di cui
era consapevole. Poi fece
ascoltare direttamente alla
donna la sola ultima registrazione (7
Novembre 2008) mediante il PC
fisso di casa: Sabrina trasalendo
confermò il racconto sottolineando
che non era completamente
consapevole di aver pronunciato le
stesse frasi, a lei comunque
foneticamente riferibili senza
possibilità di errore e che non
riusciva a riconoscere ed attribuire
a persone le frasi altrui (forse
mentiva ma non è certo: sembrava
stordita ed in parte stupita da
quello che sentiva). Lo stesso
avrebbe sostenuto per iscritto,
molto più tardi, con una lunga
mail importante epperò
significativamente
contraddittoria, riferendosi
all’intero brogliaccio ed alla
estrazione di singoli spezzoni
successivamente operata (e-mail all.
4).
L’indomani
avrebbe
poi deciso di negare tutto,
affermando che non era in grado di
riconoscere la sua voce ma
soprattutto quella degli altri (dicendo
però
anche di avere paura di loro,
alludendo con vistosa
preoccupazione a “quello che le
sarebbe comunque potuto
succedere”).
Ferraro
si recò al lavoro dopo averle detto
che doveva pensare a sè ed al figlio
e dichiarando che in quel contesto
non sarebbe tornato a casa. Telefonò
poi al marito separato della
donna, chiedendogli a bruciapelo se
sapeva come avesse vissuto Sabrina
negli anni della separazione (2006 e
2007) e se fosse a conoscenza di
fatti del 2002-2005. Preso di
sprovvista disse solo “io sapevo di
quello che era successo quando aveva
tra 20 e 24 anni” poi si fermò
rifiutandosi di parlare e disse “ne
parlerò solo con Sabrina” chiudendo
la comunicazione dopo soli tre
minuti.
Chiamò
poi il padre della donna e gli fece
ascoltare le sole frasi
immediatamente intelligibili: lui
ascoltò soprattutto i dialoghi
con Katia dell’ultimo
lunedì, rimase stupito e, poiché
percepì ESATTAMENTE quelle
frasi, si allontanò commentando
che nonostante l’evidenza ne avrebbe
parlato con la figlia. Disse a
Ferraro che egli non era il marito e
“non avrebbe dovuto scoprire quelle
cose” (!!!).
Nel
frattempo Ferraro si rivolse ad un
avvocato “di fiducia della
Procura”, avv. Luca
Petrucci chiedendogli di trovare uno
psichiatra ed una psicologa per
Sabrina. Allo psichiatra Ferraro
intendeva anche affidare il compito
di interpretare il contesto e di
come dovessero spiegarsi le sequenze
registrate e alla psicologa
un’attività di sostegno per Sabrina,
che aveva dichiarato di aver
subito pressioni e nuove minacce (aveva parlato
dell’auto e del bambino ma si
intuiva che in qualche modo era
ricattabile ). Questo
avvocato era anche un compagno di
impegni giovanili del magistrato
negli anni della politica
studentesca, 36 anni prima...(
troppi).
Ferraro
decise
quindi di allontanarsi
dalla casa ma di rimanere
in contatto con
la donna per aiutarla e
sostenerla, invitando la
famiglia
(anche con apposita
telefonata alla
madre) a
non lasciarla sola. Prima
di andarsene chiese a
Sabrina ma anche poi alla
madre di lei per
telefono, di
cambiare le chiavi di
casa (risultando
dall’ascolto
dell’audio potenziato nel
volume e ripulito
artigianalmente che svariate
persone “usufruivano”
liberamente della casa
sempre entrando con
la chiave e che
spesso la donna era
in stato di relativa o
vistosa passività ed
assoggettamento, seduta
in salone dinanzi al
portatile o nella
postazione del pc fisso
accanto, mentre
le persone entrate
si comportavano in modo
vistosamente anomalo,
spesso all’inizio parlando
sottovoce, non salutando e
solo piano piano entrando
in comunicazione con la
donna, infine parlando
anche a voce normale in
altri casi; il primo
lunedì 10/11/2008
però Sabrina obiettava
impaurita “no...” all’ingresso
immediato - a distanza di
soli 23 secondi dalla mia uscita -
di altra donna con le solite
modalità… quindi in questa
occasione era in certo grado
cosciente ed emetteva un gemito
preoccupato e di paura mentre la
donna entratata in casa chiudeva a
chiave la porta ).
Sabrina
prese
queste precauzioni, lasciando
addirittura l’abitazione della
Cecchignola ed accettando di
trasferirsi dai genitori.
I primi
quattro giorni Ferraro ricevette
almeno tre telefonate da Sabrina: in
un caso chiedeva singhiozzando cosa
dovesse fare dicendo di avere paura
per sè e per il bambino,
anzi indicando di aver “paura
che
glielo togliessero”:
cosa poco comprensibile in quel
momento (la frase
sembrava quasi alludere ad un
paventato intervento di soggetti
istituzionali). Un’altra di
queste telefonate, più generica,
fatta di pianto e parole smozzicate
fu persino sentita
da magistrato
dell’ufficio dott. Stefano
Pesci che Ferraro (ancora
ignaro della “situazione” in
procura) chiamò appositamente ed
ingenuamente, e
che ascoltò in viva voce la
telefonata.
La
denuncia depositata da Ferraro fu
fatta in un impulso anche di
generosità e per assicurare una
tutela ed un vaglio il più possibile
rapido della situazione, senza tener
conto dei possibili riflessi che
poteva comportare la sua posizione
di denunciante nell’ambito del suo
stesso ufficio. La prudenza era
passata in secondo
ordine preceduta dalla
generosità, lo slancio, il senso del
dovere morale. Certo non immaginava
quello che si muoveva di occulto e
nascosto accanto, sopra e sotto al
suo ufficio, frequentato da quasi
tutti colleghi certo non eroi né
geni, ma perlopiù bravi, carini e
pieni di stima apparentemente
sincera.
Il primo
impatto con il
Procuratore Giovanni Ferrara,
con il collega Stefano Pesci ed il
Procuratore Aggiunto Nello
Rossi (coinvolto di fatto), fu
subito chiaro: preso atto del luogo
ove si sarebbero svolti i
fatti, sembravano dubitare ma
erano anche irridenti e “criptici”.
.
Poteva
sembrare che il “senso
comune” prevalesse nella
loro iniziale valutazione, in
aggiunta al giudizio preconcetto
sull’imprudenza di depositare la
denuncia (che in realtà per il
magistrato rappresentava un atto
di coraggio dovuto) ed ancora
alla scarsa comprensione della
sensibilità mostrata da Ferraro.
C’era e NON POTEVA NON
ESSERCI una
risposta emotiva ad un
fatto così delicato (in realtà
poi rivelatosi suscettibile
di ipotesi ancora più grave);
tuttavia, secondo le loro apparenti
valutazioni era proprio l’emotività
a creare un fatto di per sè non
esistente, operando così una
inversione a priori della chiave
interpretativa. Anche l’allusione
diretta a pratiche ipnotiche
presente nella denuncia poteva forse
usata come argomento per rendere ai
loro occhi meno credibile la
fin troppo sintetica denuncia
presentata da Ferraro. Questa
fu la chiave di lettura
dell’atteggiamento del procuratore
e dei colleghi da parte di
Ferraro, che si rivelerà assai
ingenua alla luce di fatti e
comportamenti successivi. Le
loro “preoccupazioni”
apparivano inizialmente
ancorate anche alla necessità
di tutelare l’ufficio,
anche se era difficile comprendere
l’ampiezza ed il contenuto di tale
“tutela”. Rispettando quindi
formalmente la loro posizione è più
che altro per la difficoltà di
inquadrarla, Ferraro rimase in
attesa di poter spiegare
analiticamente ciò che si poteva
sentire nelle registrazioni e darne
le molteplici chiavi di lettura
possibili dinanzi all’autorità
competente.
Solo
in seguito avrebbe scoperto che
seguivano un protocollo preciso ed
un brogliaccio ben noto a loro. Lo
stesso brogliaccio sarebbe stato
“recitato” nel maggio 2011
con domande a taglio
preconfezionato su “caso umano” e
“vicenda personale” dai membri
della Commissione del CSM
particolarmente attivi e
certamente ben consapevoli : Paolo
Enrico Carfì e AVV. Prof.
Calvi . E lo
stesso taglio sarebbe stato
stilato e riversato
dall'autore della prima
memoria che ne ha lasciato traccia
scritta nel 2010 durante le prime
due procedure con tentattivi di
dispensa ( mail inviata con
documento allegato) : il
dott. Agnello Rossi aggiunto
della
Procura . I tre accomunati da
appartenenze politiche e di
corrente omologhe, le stesse
di Stefano Pesci e Giuseppe
Cascini, gli altri
due magistrati della Procura
coinvolti direttamente o ab
externis nell'affaire .
Ma
torniamo alla vicenda nel novembre
2008.
L’improvvisa
scoperta
di un’imprevedibile
realtà sotterranea,
inspiegabile nella sua totalità,
comportava quindi una logica
reazione: Ferraro chiese
ripetutamente di procedere
al diretto, completo e
tecnicamente adeguato
ascolto delle registrazioni,
sottolineando quanto fosse
importante agire rapidamente anche a
tutela del minore. Parlò e scrisse
di pericolo di reiterazione del
reato argomentando
sulla situazione
comportamentale e sulle alterazioni
incomprensibili del comportamento di
Sabrina, che erano già
ipotizzabili ad un primo
vaglio. Nel contempo continuava ad
approfondire il lungo e
complesso ascolto delle
registrazioni, traendone ipotesi,
qualche deduzione concreta
plausibile e dubbi su una realtà più
complessa, cercando separatamente di
acquisire altri elementi di
valutazione esterni. Si recò dal
Procuratore cinque
volte in un mese,
sempre pregandolo di non farsi
trarre in inganno
dall’apparenza inverosimile
della storia, comportandosi
sempre in modo rispettoso.
Da
subito attraverso un lavoro di
analisi corretto il contesto
operativo ed i fatti che emergevano
dall'ascolto degli audio erano stati
sintetizzati in una tabella di
analisi stilata
all'inizio
di Dicembre 2008 .
Dopo
pochi giorni gli fu detto “ma a
titolo di battuta” che “la donna
era ben organizzata” che “le
cose stavano in modo un po’
diverso” da come
riteneva e infine “togliti
di
mezzo da questa storia”.
Altresì doveva “smettere di
investigare”. Più tardi,
quando evidenziò a voce i fatti
più gravi ipotizzabili con
l’ascolto, gli fu suggestivamente
replicato “ma tu vuoi male a
quella donna...”. Fu
accompagnato alla porta subendo il
segnale evidente che comunque non
poteva ottenere come
cittadino l’approfondimento di
ciò che pure emergeva come ipotesi
non peregrina e ciò che era dato
ulteriormente intravedere . .
L’opinione “ufficiale “
sull’approfondimento delle vicende
appariva precostituita, ma Ferraro
proseguì nel cercare di acquisire
elementi ed analizzare i dati
disponibili. Troppe cose non
quadravano anche oltre gli
atteggiamnti sospetti dei magistrati
indicati.
Ripetiamo
quanto
già evidenziato nella prima parte
di questo articolo : almeno tre
circostanze rendono evidente la
malafede di tutti quanti si sono
dati da fare nella direzione
impressa dall'apparato che vedeva
in gioco immagine, la scoperta di
attività coperte varie e sinanche
la ricostruzione di metodologie ed
attività passate (nella frangia
eversiva o deviata della Procura
di Roma, nel CSM e negli ambienti
psichiatrici collegati) e
soprattutto nella componente di
coloro che hanno preso parte alla
vicenda fingendo di
ignorare e di considerare
vaneggiamenti quanto sostenuto
prove alla mano da Paolo Ferraro:
1. Indipendentemente
da
ciò che ha registrato, capito,
ricostruito e saputo Paolo
Ferraro, la presenza
di sètte a copertura
esoterico-satanista (nella
Cecchignola, nel territorio a sud di
Roma esteso sino ai castelli
romani) viene considerata
una certezza dal Ministero degli
Interni nel momento in cui
istituisce (con una
importante circolare del 1996)
la
S.A.S. SQUADRA ANTI SETTE. Nella
circolare si fa inoltre esplicito
riferimento ad attività di
“destrutturazione mentale” poste
in atto in alcune tipologie di
sètte.
2. Un articolo dell’Unità datato 8.11.2006 riporta notizia relativa ad un giro di pedofilia partecipato anche da sotto-ufficiali militari della Cecchignola e di Roma, in danno di circa 200 bambini Zingari, per il quale vi furono 32 arresti nell’ambito dell’inchiesta "Fiori nel fango" coordinata dai PM Maria Cordova e Mirella Cervadoro della Procura di Roma, e condotta dalla Squadra Mobile, diretta da Alberto Intini. Le prime misure trasmesse per la convalida dalla GIP Maria Teresa Covatta, all'epoca moglie di Giuseppe Cascini, indagini altresì ben note a Maria Monteleone che sarebbe divenuto Aggiunto nella Procura di Roma in epoca immediatamente successiva ai fatti del 2009 ; 3. Nell’ambito della vicenda Marrazzo (coeva all’operazione contro Ferraro) emerge il coinvolgimento del carabiniere Donato D'autilia, già indagato proprio nell’inchiesta "Fiori nel fango 2". L’inchiesta relativa alla vicenda Marrazzo, che vede coinvolto il militare della Cecchignola D’Autilia (accusato di ricattare Marrazzo in concorso con altri carabienieri) era gestita da Rodolfo Sabelli e Giancarlo Capaldo. Negli audio della Cecchignola emerge la voce di un transessuale o comunque voce la cui impronta timbria richiama luoghi attività ed ambienti ( ma era in una casa civile della Cecchignola ). Tenuto
conto anche solo di queste tre
circostanze apprendiamo che
quantomeno nell’ambito della Procura
di Roma scenari riguardanti
non
potevano in alcun modo essere
considerati inverosimili, e tenuto
conto di chi fosse Paolo Ferraro,
prodotto di una mente non sana.
Invece
era stato costruito alle
spalle del magistrato un
contesto alterato denigratorio e
diffamatorio nel passato, a sua
totale insaputa, e sul momento un
cerchio che dire
allarmato/allarmante e grave sarebbe
poco: egli aveva solo avvisato la
sua ex moglie S. C. con la
quale aveva dissapori gravissimi mai
sospettando a che punto fosse giunta
nella esecuzione di un mandato
vendicativo. Lei si era
introdotta nel suo ufficio di
soppiatto e la trovò “appostata”
dietro la porta chiusa della stanza:
le aveva detto quel che sapeva, ma
già aveva parlato con qualcuno.
Ferraro aveva poi avvisato la
sorella (Simonetta
Ferraro) ma sostanzialmente si era
creato un circuito che si può
definire eufemisticamente
disinformativo circa i fatti
personali che lo riguardavano. In
questo contesto era attivissima l’ex
moglie Canali Silvia, le cui
colleganze Ferraro nemmeno
sospettava. Sua sorella invece, d’un
tratto divenuta apparentemente
convinta che fosse “andato fuori di
testa” (non si sa da chi
“informata”), si presentò
all’ufficio del magistrato verso i
primi del Dicembre 2008, previa
telefonata, accompagnata dal marito
Gianni Nicolosi. Chiese di ascoltare
e leggere il materiale che Ferraro
aveva nel frattempo raccolto e con
aria fortemente scossa ed
alterata (mostrando di
essere convinta o stata convinta
di cose negative a suo
riguardo) ascoltò
solo tre spezzoncini in
pessime condizioni di ascolto (computer
privo di adeguata scheda audio e
di casse esterne, files non puliti
peraltro) ed esclamò “tu stai
male, non si sente niente”. Ferraro
cercò di calmare sua sorella, la
invitò con il marito in
pizzeria, la fece contattare
dall’ufficiale di polizia
giudiziaria che a titolo di
amicizia aveva ascoltato ed
interpretato le registrazioni e
che a sua volta le indicò la
effettiva esistenza di dati audio
e fatti ipotizzabili e meritevoli
di approfondimento.
Tutto
inutile: evidentemente o aveva
avuto informazioni alterate ed ingigantite
o doveva avere un ruolo ed una parte
in questa vicenda dai contorni
sempre più ambigui.
Questa
insistente
“informazione” relativa ad un
Paolo Ferraro “fuori di testa” si
era protratta con costanza
nonostante all’epoca egli lavorasse
normalmente, dormisse
senza
alcun problema, conservasse
le normali frequentazioni
professionali e private e
fosse solo emotivamente coinvolto
dalla delicatezza della situazione (che
si ricordi coinvolgeva anche
un minore, oltre che
una donna da lui un tempo amata e
poi vi erano altri ed il minore
ROM riconoscibile di primo
acchitto dalle registrazioni e pi
il dubbo che emegeva da tutto il
contesto intorno alui, un contesto
inquinato, atipico , e certamente
degno di preoccupata valutazione).
Ovviamente
il magistrato non sapeva e non
chiese a quale PM fosse affidato
il procedimento avviatosi con la
sua denuncia. E in prima istanza
non dubitava dell’umano
interessamento del collega
Stefano Pesci che non gli era
mai brillato per sensibilità
umana e che era sempre stato
insieme a Giuseppe Cascini un
rivale spesso doppio e
intrigante . Lo stesso Pesci fu
visto da Ferraro a colloquio con
una intermedia eminenza grigia,
uno psichiatra tra quelli “di
fiducia della Procura”, lo
stesso che aveva chiesto a
Ferraro verso la fine del
2005, tramite Pietro
Saviotti (allora PM e poi
Aggiunto presso la Procura)
una relazione-conferenza
sul
tema diritto alla privacy e
dati sanitarisensibili nel
settore medico psichiatrico in
particolare (documento in
rete) .
Nel frattempo la psicologa indicata dall’avv. Luca Petrucci ( investito della questione di “aiutare la donna ed il bambino” ), la dott.ssa Daniela Viggiano, prima partecipò ad una convocazione accettata dalla donna presso lo stesso Petrucci. Poi venne il 10 dicembre 2008 (vedi sms del 9/12/08 all. n. 3) ad ascoltare per oltre due ore e mezza le registrazioni (dalle ore 14:05, essendo arrivata in ritardo, fino alle ore 16:35) e durante l’ascolto allora più delicato (file non puliti e trattati come volume) confermò le considerazioni di Ferraro con un solo dubbio residuo sulla corrispondenza di una traccia con le annotazioni dattiloscritte che corressero insieme e comunque su sua richiesta e suo riscontro. Nonostante si trattasse dei file originari, in pessime condizioni tecniche, trasecolò per alcune voci e presenze in quel particolare contesto, commentando “la cosa è grave...è chiaro che se ne è consapevole la donna non parlerà mai” spiegando le radici psicologiche dell’impossibilità di comunicare ed ammettere simili situazioni nonché la ipotizzabile preesistenza di esperienze proprie traumatiche eminentemente risalenti alla fase prepuberale (ascolto diretto audio delle voci e contesto di cui aibrogliacci n. 10, 17, 23, 27 e 28) . Peraltro il magistrato non capiva in quel momento perché la psicologa volesse perlopiù concentrare l’ascolto sulle “attività sessuali”: a quelle, tranne memorizzare genericamente mugolii e frasi non equivocabili, egli non aveva prestato prima alcuna attenzione analitica, considerandoli elementi di contesto, mentre ben altro gli appariva necessario di spiegazioni e analisi. Ferraro passò varie ore ad appuntare su fogli a mano il brogliaccio con indicazione temporale e relativo contenuto, mentre successivamente con la psicologa impiegarono due ore e mezzo ascoltando e controllando le annotazioni. Se ella non sentiva bene ripeteva l’ascolto quattro o cinque volte: in un caso non percepiva bene la fine della sequenza...su alcuni stralci rimase lievemente incerta, su altri certa, su altri infine espresse giudizio inequivoco sul contesto. La
situazione era kafkiana: da una
parte chi aveva ascoltato
veramente (il
maresciallo di polizia
giudiziaria e la psicologa in
primis) valutava,
ragionava, concordava, introduceva
elementi di valutazione.
Dall’altra chi non aveva ascoltato
parlava di una “patologia ” di
Ferraro a completa insaputa sua. .Curiosamente
l’avvocato Luca Petrucci (“avvocato
di fiducia dell’ufficio”)
dopo una prima apparente
partecipazione attiva e consenziente
rispetto alla valutazione della
rilevanza della questione, dalla
seconda metà dl dicembre 2008 iniziò
a recitare sempre lo stesso schema
verbale: “si sentono delle
cose…bisogna contestualizzare”. TRADOTTO
: solo Paolo Ferraro poteva
contestualizzare e chiarire ,
quindi “senza Paolo Ferraro”
niente contestualizzazione ( si
tenga presente che tale
dettagliata contestualizzazione è
stata poi effettuata in varie
riprese da Paolo Ferraro come
anche la messa a disposizione
pubblica degli audio e vi sono
svariate pagine ed ore di
spiegazione tecnica e scientifica
.. inappuntabili ) . . Ferraro
apprenderà
poi che sin dal dicembre 2008 si era
creato una sorta di contatto diretto
continuo tra sua sorella, la sua ex
moglie ed una persona appartenente
al contesto lavorativo. La prima
asseriva di voler “monitorare” il
suo “stato patologico” peraltro
inesistente con una invasione della
privacy inaccettabile ed
attribuendogli una situazione
mentale infondata. Certamente non fu
interpellato chi gli stava accanto e
collaborava concretamente per otto e
più ore al giorno né nessuna altra
persona diversa da
quella unica con cui erano
in contatto. Testimoni del
reale stato di salute mentale e
fisica di Ferraro invece
erano tutti gli altri colleghi,
amici e amiche. Ma non
contavano, anche se lo frequentavano
per tutto il giorno, nessuno
chiedeva loro, nessuno verificava.
Esisteva un circuito isolato
composto da pochissime persone solo
formalmente “familiari” (che
Ferraro non frequentava, salvo la
madre delle sue bambine quando le
portava ed andava a prendere a
scuola il mercoledì e per pochi
minuti), da Stefano Pesci
e da qualcun altro sopra di lui,
silenzioso.
Ferraro
decise di interrompere quel circuito
che allora considerava solo un
pettegolezzo malato familiare,
squilibrato e sovraeccitato,
ma curiosamente preoccupato od
interessato a metterlo in
cattiva luce, micro circuito dal suo
punto di vista “inquinante “ (lasciamo
immaginare le dichiarazioni di
vendetta risalenti al 2006-2007 di
una moglie in separazione
possibile per sua colpa, poi
convertita in consensuale per
“indulgenza”), e non
intrattenne più rapporti telefonici
con la sorella (sul cui stato e
sui precedenti personali non
entriamo per rispetto della sua
privacy) la quale lo cercò una
volta (nel febbraio 2009)
consigliandogli di andare da una
psichiatra (!!!??). Non aveva poi
rapporti telefonici né alcuna
frequentazione con il fratello
Marco Ferraro, il quale in
un’occasione gli aveva rivelato di
essersi assoggettato ad una lunga
terapia presso uno psichiatra o
psicologo (LUI IN TERAPIA, non
Paolo Ferraro, e per i problemi
suoi che coltivava da lunga data
verso la figura ingombrante del
fratello ). Nel frattempo
il magistrato cercò una casa in
locazione e proseguì la vita
professionale e sociale. Decise poi
ulteriormente di allentare i
contatti con la sua strana
famiglia passando il Natale con
una affettuosa coppia di anziani
abitanti al primo piano della
villettina dove abitava, mentre
famigliari e colleghi “interessati”
insistevano nel dipingerlo come un
individuo isolato e in piena crisi
psicologica. Nel frattempo
curava anche gli
approfondimenti necessari a capire
la situazione: a qualche giorno
dalla denuncia tutto appariva apparentemente fermo
ed immobile e l’atteggiamento di
Sabrina, che era tornata a casa sua
“da sola” e dopo essere stata
ospitata a casa dei genitori, era
radicalmente cambiato.
Alla luce della incomprensibile situazione che lo circondava, Ferraro decise di registrare telefonate ed altro: a quel punto troppo non quadrava in questa curiosa ridda di equivoci, disinformazione etc... Con tono più artificialmente sicuro che duro, al telefono la Sabrina disse che nelle registrazioni si sentiva solo una donna che “scola i broccoli e che canticchiava felice”. (sms vari e Clip audio 27.wav nella directory del DVD dedicata a registrazioni audio tra presenti e di telefonate ricevute e fatte). Ferraro replicò come è dato immaginare, avendo già precisato condizioni tecniche e presupposti tecnologici dell’ascolto. Nella medesima telefonata, un mercoledì tre dicembre (Clip audio 27.wav), appena risposto si sentiva sullo sfondo la voce stentorea ed arrogante di un uomo che pretendeva “le chiavi ...voglio le chiavi” e alludeva poi al camper di Ferraro parcheggiato nel cortile condominiale. Infatti le chiavi della casa erano state sostituite. L’ex marito, tornato provvisoriamente a casa, con tono palesemente intimidito opponeva un “calma... ragioniamo”. Di certo l’atteggiamento dell’uomo non era quello di un solerte e rispettoso amministratore di condominio. Né la scusa inventata al volo dalla donna imbarazzata e lievemente impaurita, che tentava di sovrapporre la sua voce per confondere la situazione, “è il capo scala” era credibile: il nuovo caposcala, un signore per bene di bassa statura dalla voce educata che mi era stato presentato una volta dinanzi all’ascensore, appariva persona totalmente diversa per atteggiamento, modalità di comportamento, impronta vocale Va sottolineato che la donna in fine telefonata allude alla persona ..."Attilio... Attilio si chiama questo qui qua sopra .." . Pur da lontano continuava a stare vicino alla donna nonostante tutto e lei gli scriveva sms e mail in cui diceva anche di amarlo. Nel frattempo a pochi giorni di distanza dal deposito della denuncia, Massimo, amico carabiniere, comunicò al magistrato che avevano vietato a Sabrina di parlargli ed interruppero ogni rapporto telefonico. La donna non avrebbe saputo più nulla di tutto ciò che di nuovo accadeva. E questo già dal dicembre 2008. Nei primi dieci giorni di dicembre verso le ore 10:30 Ferraro telefonò a Sabrina, di risposta ad un suo sms: gli rispose con la stessa tonalità di voce di cui al file corrispondente al punto 7 del brogliaccio dicendo con voce insensatamente flautata “la sètta non mi ha mai fatto del male”. Trasalì alla parola sètta: improvvisamente quadravano le molte frasi che sembravano caratterizzate da anomalie linguistiche, intonazione anormalmente musicale o con cadenza metrica anormala nonché due frasi ascrivibili ad un linguaggio medievalistico (siascoltino a titolo solo indicativo i file corrispondentiai punti 3, 4, 11, 12, 20, 21, 25, 36 e 15). Ora si spiegavano anche le presenze e le attività nel contesto che emergevano dall’ascolto dei file corrispondenti ai punti 10 , 17, 23, 27 e 28. dei brogliacci (ascolto audio NECESSARIO come sempre, perché la trascrizione nonostante la descrizione delle tonalità, impronte foniche ed altro NON E’ SUFFICIENTE ). In particolare trovavano spiegazione le sequenze con struttura indicabile come di sospetto carattere ipnotico o condizionamento precostituito (vedi solo a titolo di esempio l’audio corrispondente nei brogliacciai n. ulteriori 2, 16, e 25 ) e le frasi che potevano sembrare pronunciate con tono di comando cui rispondevano “sì” di tipo àtono (vedi per esempio l’audiocorrispondente nei brogliacci ai n 5 e. 18 ) o il riferimento a “contratto” da rispettare. Il sospetto che ci fosse ancora di più emergeva dall’ascolto. Sempre ad un attento ed approfondito ascolto che invitiamo ad effettuare. In seguito le risultanze delle registrazioni sono state confermate per iscritto da professionisti e persone che hanno proceduto ad un ascolto diretto ed approfondito più volte e con con mezzo IDONEO (all. 5 quater). Senza citare altri amici e conoscenti cui Ferraro chiese un parere per verificare la possibilità di un errore valutativo (non li nominiamo a loro tutela, vista la situazione). Lo stesso invito all’ascolto fece Ferraro in forma privata ad un magistrato di cui aveva particolare stima, che gli confermò, pur ad un ascolto su pc radicalmente inidoneo, una pur generica valutazione di interesse e peculiarità dei fatti e di possibilità di utili approfondimenti. Su di lui sarebbe poi personalmente intervenuto Stefano Pesci segnalandogli un mio stato presunto di disagio psicologico ed invitandolo a prendere atto che dall’audio non si sentiva nulla (lo confermò a me lo stesso magistrato nell’ottobre 2010 ). I fatti dovevano essere l'esclusivo frutto di una fantasia malata ( all'uopo gonfiata e creata la suggestione relativa ). Nella attuale versione brogliacci e video di contestualizzazione integrale con didascalie e brani da articoli di approfondimento consentono di ricostruire appieno quanto a sua tempo ricostruito dal dott. Ferraro [ in versione sito Grande discovery CDD5]. Il
quadro, dal punto di vista di un
magistrato che aveva semplicemente
utilizzato metodo logico
induttivo fondato su analisi dei
dati fonici (implementato con le
conoscenze
personali, accresciuto con
dati documentali sms e
mail , arricchito con
informazioni culturali subito
approfondite sul fenomeno e sulle
sue caratteristiche all
5 ter sopra richiamato)
infine culminato con
l’acquisizione di circolare del
Ministero dell’Interno istitutiva
della SAS (squadra
antisetta vedi all. 6)
appariva giustificatamente
configurabile, quantomeno come seria
e riscontrabile ipotesi di lavoro (a
volerlo sminuire). Ciò che
emergeva dall’ascolto dei file audio
era analizzabile singolarmente e
globalmente,
contestualizzabile utilizzando
anche le dichiarazioni di un
magistrato con trenta anni di
esperienza (Paolo Ferraro)
e corrispondeva alla qualificazione
indicata nella circolare
con dovizia di ipotesi di reato
analiticamente indicati. L’elenco
delle fattispecie è tale da riempire
varie pagine di un registro generale
informatico.
A
suffragare poi tutta la
ricostruzione è la riscontrata
presenza di resti di rito satanista
eseguito su collinetta a distanza di
cento metri dalle palazzine di via
dei Bersaglieri, vittima una povera
volpe. Rito denunciato ed accertato
dal comando dei vigili urbani
locali: chi accertò il fatto
dichiarò di essere stato fortemente
impressionato (all. 6 bis).
Inoltre, molti estranei
potevano sapere e le voci non
potevano non essere arrivate alla
locale stazione dei carabinieri.
Il
giorno sabato tredici dicembre
2008 (alleghiamo documento
che oltre ad individuare numerosi
profili attinenti il fenomeno
delle sette sataniste addirittura
indica perché il giorno sabato 13
dicembre sia duplicemente
elettivo per la effettuazione
di riti “satanisti” - sia
chiaro, chi scrive da laico non
indulge in alcuna credenza e la
parola indica la
“autoprospettazione” di coloro che
fanno simili incredibili
delinquenziali baggianate gravi a
coloritura “satanista”
- all. 6 ter )
dopo aver ricevuto alle ore 17:15 un
sms tranquillo (all . 7)
Ferraro ricevette alle ore 18:06
c.a. il seguente sms (all.
8)
“Io
vilipesa,
data della putt, stordita, ¥dimagrita,
spaventata,
ci ved luned¥
@[email protected]@[email protected]@[email protected]¥”
SMS
che si commenta da solo e
la cui analisi psicologica,
psichiatrica, logica, sintattica,
collegata alla conoscenza dei dati
necessari per valutare, affidiamo
all’intelligenza del lettore, con
riguardo anche all’uso duplice e
volontario di particolare
simbolo grafico ¥ la
cui valenza è percepibile. Ferraro
girò l’sms all’avvocato
Petrucci (all. 8) e
alla psicologa, recandosi poi a casa
di Sabrina: dall’esterno tutte le
persiane erano abbassate
completamente, sentì all’interno
dell’appartamento (la cui porta
esterna aveva una soglia rialzata
di almeno 4 cm ed era di
consistenza ordinaria, tanto da
consentire ascolto
diretto di ciò che accadeva nel
salone fungendo con appoggio
auricolare quasi da cassa di
risonanza e tanto da far notare
che all’interno del salone vi
era solo una luce bluastra bassa)
la presenza di più persone con voci
già ricorrenti e ciò cui
erano intente. Si
allontanò e avvisò immediatamente al
cellulare la psicologa che invece di
attivare solo l’avvocato avvertì
anche Sabrina. Essendosi
riposizionato accanto alla porta
dopo la telefonata alla psicologa,
sentì infatti Sabrina rispondere al
telefono e comunicare alle persone
presenti (“è passato qui sotto” con
lo stesso tono innaturale che
emerge dalle registrazioni). A quel
punto il gruppo si apprestò ad
uscire di corsa: Ferraro si mise
sulla svolta delle scale tra il
primo ed il secondo piano e vide
uscire alcune delle persone, due
delle quali aveva in precedenza
individuato. Prima di allontanarsi
aveva sentito distintamente dalla
porta la voce femminile di
una donna autorevole che
rassicurava “stia
tranquilla...signora...è tutto a
posto”. Uscito poi
in tutta fretta vide uscire
all’esterno un piccolo corteo
composto dalla donna che aveva
pronunciato anche la frase
“rassicurante” suindicata (uscita
per prima dalla porta della
casa) e due uomini giovani che
le camminavano silenziosi con
contegno rispettoso a distanza di un
paio di metri ad ala ( un corteo
sufficientemente lugubre e atto ad
impensierire), tutti diretti verso
altro edificio/scala del condominio.
Nelle registrazioni del primo
sabato, a distanza di quaranta
secondi dall’uscita di casa del
magistrato, si sente la stessa
donna che nella casa formula
un flautato e musicale “ si
può !?“ di cui all’audio
corrispondente al file estratto
n. 1 ma soprattutto una sequenza
diremmo rissima nella quale la donna
don una voce flautata e strana
indica “ ma lui stà là aiuta Mary ..
ma
tu aiuta là “ . .
Nel
frattempo Ferraro aveva individuato
(anche sul presupposto del
rinvenimento di un biglietto da
visita nella casa di Sabrina
quando ancora conviveva con la
donna) la
psichiatra dott.ssa Canale
Marinella, che aveva con quasi
certezza avuto conoscenza diretta di
Sabrina (si badi alle espressioni
usate da lei una notte “mi hanno
visto tanti psichiatri e psicologi
ma non ci hanno capito niente”).
A questa psichiatra mostrò la foto
di Sabrina e lei confermò che si
trattava della stessa donna
portatale nel Gennaio del 2006 da un
amico/cliente di lei perché
sofferente. Con alta
probabilità: al 90% disse, con
riferimento ai lineamenti del viso,
alla forma del naso etc, non potendo
essere sicura, salvo condizione di
vedere Sabrina di persona o in foto
che la raffigurasse come le si era
presentata due anni prima: capelli
scuri portati a treccia e occhi
molto azzurri. Questo look era
realmente tenuto da Sabrina anni
addietro, per sua stessa ammissione:
Sabrina aveva raccontato di quando
portava la treccia e lenti a
contatto azzurre e riparlato di ciò
proprio nel periodo recente ai
fatti, mentre una foto sua con
treccia nera era posta sulla
portiera del frigo con piccolo
magnete.
Il caso
ha voluto che una foto anche di
pubblico dominio fatta a suo tempo
al dott. Ferraro, ed
ingrandita opportunamente.
lasci vedere proprio quella foto
fissata sulla porta del frigo .
Questo era solo uno degli
innumerevoli indizi e fatti
considerati. Sabrina aveva parlato
con la psichiatra delle
sue “attività” e di
una situazione
ambientale dalla quale voleva
sottrarsi anche a tutela del figlio,
ma anche del fatto che il
marito nell’ambiente era posto
sotto pressione. La professionista
riferì le stesse circostanze anche
all’avvocato ed alla psicologa. Il
tutto è testimoniato anche dalle
Clip audio 30.wav nella directory
del DVD dedicata a registrazioni
audio tra presenti e di telefonate
ricevute e fatte.
Lo
psichiatra “consigliato”
dall’avvocato Petrucci, che avrebbe
dovuto sostenere Sabrina e valutare
la situazione e le prove raccolte da
Ferraro, era il dott. Cancrini
Luigi, che assume da subito un
atteggiamento fatto di radicale
supponenza e tanto assurdo da
risultare sospetto a primo impatto.
Ferraro
argomentava su dati fonici
interpretabili sì, ma innegabili, la
cui esistenza ed attendibilità
erano però dallo psichiatra
rifiutate a priori. Ferraro
illustrava conoscenze e dati
acquisiti sul passato e presente di
Sabrina ma veniva smentito a priori
e non curato da lui. Le
telefonate della psicologa e
finanche dell’ufficiale di pg che
aveva originariamente ascoltato le
registrazioni, che gli rendevano
testimonianza e conferma, venivano
“eliminate” dalla mente "tanto"
selettiva di Cancrini. Persino la
psichiatra dott.ssa Canale Marinella
di cui si è detto, che generosamente
si era attivata telefonando e
confermando circostanze riportate da
Sabrina, fu liquidata con un “si era
sbagliata” e che “verifica era stata
fatta” (quale verifica???).
Cancrini parlava con un magistrato
di provata esperienza ed
intelligenza come avrebbe parlato
con un pescivendolo, flautando
ironia o atteggiamenti
insensatamente paternalistici del
tipo " Il Procuratore non vuole" .
. L’atteggiamento di
Cancrini era agghiacciante: non
attuava una tecnica argomentativa
volta a contestare razionalmente
affermazioni, per valutare la
plausibilità delle affermazioni di
Ferraro, ma assumeva un
atteggiamento che chiamare
“preconcetto” o
meglio negativamente
preconfezionato è un eufemismo e
propinava
ad ogni più sospinto una valutazione
in radice erronea e distorta persino
dei fatti e dei rapporti con
Sabrina. A quel tempo Ferraro
continuava a sentire quest’ultima,
la visitava anche sostenendola
e lei gli pregava di
nascondere la circostanza allo
psichiatra ed alla psicologa (vedi
sms e mail allegate in dvd).
Lo psichiatra effettuò un primo
incontro con la sola Sabrina e tre
successivi incontri (disastrosi)
presenti Ferraro, Sabrina e la
psicologa (che aveva tempo addietro
esaminato gli audio con Ferraro) e
che restava ammutolita.
Fu quasi
drammatico lo scontro con lo
psichiatra Cancrini il quale non
gradì la circostanza che la sua
allieva psicologa fosse venuta ad
ascoltare l’audio (prima negò
la circostanza, a scena aperta
davanti alla psicologa che
taceva, intimidita. Poi quando
Ferraro mostrò l’sms che
confermava l’appuntamento e
cercò di far dire alla dott.ssa
tutto ciò che aveva sentito,
Cancrini lo impedì. !!!). A
quel
punto Ferraro ebbe l’intuizione di
sostenere di aver registrato tutto
l’incontro. Lo psichiatra
storse la bocca, impedì comunque
alla dott.ssa di parlare, ma
sono rimasti convinti che l’incontro
fu registrato. In seguito si
apprese che effettivamente la
psicologa relazionò allo psichiatra.
Relazionò di ciò che lei stessa
individuò nel corso della seduta di
ascolto: contesto sessuale e
attività anomale, presenza di non
adulti, espressioni vocali e sonore,
comportamento vocale anche
apparentemente dissociato
di Sabrina. Tutto ciò per lo
psichiatra non doveva esistere A
PRIORI, non esisteva e non sarebbe
esistito (il motivo di
ciò emergerà in seguito).
Terminati
i tre incontri congiunti di Sabrina
e Ferraro presso lo psichiatra
Cancrini (svoltisi tra Dicembre
2008 e inizio Gennaio 2009),
voluti dal magistrato a tutela e
supporto di Sabrina visto il suo
disagio (di Sabrina, non di Ferraro,
si badi bene). Non avendo ancora
interamente compreso il ruolo di
Cancrini nella vicenda e
spiegandosene l’atteggiamento in
termini di inettitudine
professionale piuttosto che di
dolosa malafede, si congedò dal
professionista rimproverandolo di
aver commesso uno dei più gravi ed
inqualificabili errori della
sua carriera professionale (alludendo
anche ad un caso di “errore” suo
già noto) e che di questo ne
avrebbero patito Sabrina ed il
figlio.
Nel
frattempo Ferraro i primidel gennaio
2009 aveva anche depositato presso
la Procura la prima perizia fonica circa
il solo primo pomeriggio di sabato
8 Novembre 2008 (all. 8
quater). Perizia data in
copia anche a Cancrini e
nella quale trovavano conferma le
parti essenziali delle prime
trascrizioni.
D’altro
canto il Procuratore Giovanni
Ferrara “invitò” il magistrato ad
acquisire copia della relazione
tecnica dei R.I.S. di Roma (all.
8 quater/2). Periziato il solo
file ABR4.waw, relativo al sabato
pomeriggio, vi si legge “stante
la pessima qualità del segnale
audio a disposizione, che non
consente di effettuare misure
strumentali atte ad attribuire con
criteri oggettivi e quindi certi
le frasi ascritte ai vari
parlatori e considerando inoltre
la soggettività della percezione
uditiva, non si può esprimere un
giudizio di coerenza certa tra
quanto trascritto e quanto
realmente udibile ai più, quindi
la trascrizione prodotta è da
considerare, nella misura in cui
la qualità lo permette, come una
interpretazione prettamente
soggettiva ma non può certamente
essere considerata a tutti gli
effetti, specchio fedele della
conversazione di interesse
intercettata.”
Si dà
però il caso che molte frasi
siano distintamente pronunciate ad
alta voce, dinanzi al microfono
e in qualche caso si possono
udire anche abbassando il volume.
Ciò si ripeteva anche negli altri
files. Quanto sostenuto nella
relazione sembrava inspiegabile, ivi
compreso il concetto di “specchio
fedele”: ma da quando in qua un
indizio interpretabile in vari modi
deve essere uno specchio fedele? Se
è poi vero che una parte della
registrazione era riferita ad
ambiente diverso del luogo di
posizionamento del PC portatile, è
pur vero che si poteva
tecnicamente elevare il segnale e,
con varie manovre di pulizia,
almeno tentare di sentire ciò che
era nella registrazione vergine
difficilmente udibile od udibile
in modo incerto. Nulla
di tutto ciò è stato fatto dai
R.I.S., nonostante i potenti mezzi
a loro disposizione. Anche per
questo motivo è assurdo
leggere (all 8 quinquies)
quanto sostenuto nel provvedimento
di archiviazione del 17/3/2009 che
aveva chiuso il procedimento a suo
tempo aperto in seguito
all’esposto alla procura di
Perugia. In essa si legge
ancora oggi “[…]nessun elemento
può trarsi dalla stessa […] e ciò
anche all’esito della
attività di filtraggio […] Da un’attenta
operazione di
ascolto effettuata dai
Carabinieri del Nucleo Operativo
Trastevere dei files contenuti
nel CD agli atti, emergono frasi,
parole e rumori riconducibili
alla normale attività
quotidiana di una
persona all’interno della
propria abitazione”. Sostenere
che nella registrazione emergono (oggettivamente,
tanto da giustificare
l’archiviazione) “frasi,
parole e rumori riconducibili alla
normale attività quotidiana” è in
contraddizione con l’affermazione
presente nella relazione dei R.i.s.
di “impossibilità di attribuire con
criteri oggettivi e quindi certi le
frasi ascritte ai vari parlatori e
considerando inoltre la soggettività
della percezione uditiva...”.
Oltre a
ciò, non si spiega in alcun modo la
presenta di molteplici individui (con
relative
impronte vocali chiaramente
udibili anche nei files non
trattati ed attribuibii a minori
anche di etnia ROM )
presenti nell’abitazione e la totale
mancanza di spiegazione di questa
circostanza da parte di Sabrina.
Nel
frattempo
la
donna alternava affetto e
negazione radicale,
comunicando a Ferraro che si
batteva per lui (?!) per tutelare
la
sua persona.(?!)
ALLA
DECISIONE DELLA PROCURA DI
CHIUDERE LE INDAGINI IL MAGISTRATO
AVEVA PRESTATO ACQUIESCENZA,
“GENTILMENTE PRESSATO” IN TAL
SENSO, E NON RICHIESE ALLORA LA
RIAPERTURA DELLE INDAGINI. Non
aveva insistito neanche quando con
SMS Sabrina aveva ammesso una
versione edulcorata dei fatti (all.
9) precisando con successivo sms
che la verità lo
avrebbe condotto al Santa Maria
della Pietà (all 9.
bis). Ferraro replicò
seccamente con altro SMS, che lei
doveva solo e sempre dire la verità
solo la verità (all 9 ter)
non cogliendo nell’immediato il
significato rovesciato della
frase: era il suo conoscere
la verità (e non tanto
il contenuto di questa verità) che
lo
avrebbe mandato al Santa Maria
della Pietà. Verità che quindi lei
sapeva e che Ferraro non doveva
sapere (quella che poteva
apparire come una ritrattazione era
invece un chiaro avviso: “scordati
la verità finchè sei in
tempo”). Sabrina quindi, per
sua stessa ammissione, era a
conoscenza dell’intenzione di
agire per via psichiatrica nei
confronti di Ferraro. A conferma
di ciò nel maggio del 2009, in
occasione dell’ultimo incontro del
magistrato con la donna, Sabrina
disse con aria ingenua “che cos’è
un TSO?”. Ferraro non diede in
quel momento importanza alla domanda
che per lui non aveva senso
riferibile ai presenti, anche se in
precedenza aveva sentito nominare il
termine casualmente, mentre si
recava a prendere l’ascensore in
ufficio. La frase da lui ascoltata
casualmente e proveniente
da stanza chiusa limitrofa
all’ascensore era “ Sì
TSO, va fatto, subito, o ci pensate
voi o poniamo noi rimedio alla
situazione”. Chi parlava era
il “solerte” collega Stefano
Pesci. IL perchè un magistrato
ordinasse perentoriamente un TSO
apriva scenari che sino a pochi
mesi prima erano impensabili per
il dott. Ferraro .
Tra
aprile e maggio 2009 nei ritagli di
tempo pomeridiani Ferraro aveva
proseguito l’analisi dei file,
estrapolando solo alcune frasi e
dati audio significativi, al
solo scopo di analisi ulteriore (non
maturando certezze non
verificate) e
preoccupato di aiutare Sabrina e
darle elementi di valutazione circa
la possibile gravità della
situazione. Per un ascolto adeguato
occorrevano mesi di lavoro e il
suo stesso impegno artigianale era
ancora incompleto e
provvisorio. Ma nessuno
aveva fatto ciò che serviva per
capire e ascoltare al meglio
tecnicamente possibile.
Il
solito collega, Stefano Pesci, che
si “interessava umanamente” a tali
vicende, negava che si sentisse
alcunché ma controllava se
Ferraro approfondisse la situazione
chiedendo informazioni (“hai dato
incarico al fonico di trascrivere e
filtrare anche tutti gli audio ? Non
hai raccolto firme di persone che
hanno sentito l’audio ?”). Non
possiamo sapere cosa lo spingesse a
sapere cose specifiche, ma era
un monitoraggio “puntuale”“ non su
“se facessi” (quello si
spiegherebbe con una ipotetica
preoccupazione su un mio insistere
su una cosa infondata e assurda)
ma proprio su cosa di specifico
e concreto facesse e su quali
risultati in ipotesi raggiungesse.
Ferraro
a quel tempo era sempre all’oscuro
di ciò che accadeva alle sue
spalle e che si concretizzerà a
breve.
Il
fratello e la sorella del magistrato
avevano nel frattempo
consolidato di
nascosto contatti con lo
psichiatra Luigi Cancrini,
e con lui effettuato più incontri
probabilmente nel Gennaio/Febbraio e
forse primi di Marzo 2009 (di ciò
darà notizia orale il padre,
Ferraro Gino, ma solo nell’Agosto
2010 n.d.r. e poi molto dopo
consegnando un diario prezioso al
figlio ). Quel che è
certo (sempre per testimonianza
del padre) è che tali incontri
ebbero come oggetto la “malattia
mentale” di Paolo
Ferraro.
Un
particolare significativo:
nell’ambito delle sedute già citate
(dicembre 2008 – gennaio 2009)
nelle quali il dott.
Cancrini su mandato del dott.
Paolo Ferraro avrebbe dovuto
assistere ed aiutare la donna
della Cecchignola: questi
in un’occasione accennò ad una
telefonata col fratello del
magistrato. Ferraro disse che
era la cosa più sbagliata che
potesse fare e Sabrina a sua tutela
rincarò la dose, spiegando chi fosse
il fratello secondo lei e che
rapporti ci fossero. Lo psichiatra
sorrise, in modo non benevolo e
compiaciuto. In una delle tre
telefonate dei primi giorni
dall’uscita di casa del magistrato
dopo le registrazioni e la
denuncia, Sabrina
singhiozzando aveva detto quasi
balbettante “non credere, non
credere a quello che dice tuo
fratello”. Frase assai
vaga e non completamente
comprensibile, in quel
momento.
Nel
maggio del 2009 Ferraro
portò le trascrizioni e l’audio
selezionato a Sabrina (selezione
parziale): all’ascolto rimase
molto colpita e/o molto preoccupata,
riconoscendo varie frasi sue e
cercando di riconoscere o fingendo
di voler riconoscere frasi altrui
(oppure riconoscendole...).
È
importante precisare che i
dialoghi sms e mail con
Sabrina furono reciproci
e si protrassero sino al maggio
2009, quando il magistrato decise
di troncare anche questi
definitivamente. Stranamente,
in assenza di querela da parte di
Sabrina fu infatti aperto
un procedimento presso la Procura di
Perugia nei confronti di Ferraro per
“stalking” (vedi acute
valutazioni nel provvedimento
archiviazione del procedimento
disciplinare, che sottolinea anche
la rapida archiviazione del
procedimento di Roma all. 5 precit.).
La
perseveranza di Ferraro nell’analisi
delle registrazioni, tenuto conto
anche dell’allora inspiegabile
superficialità dei R.I.S. e
dell’immediata archiviazione del
procedimento apertosi con l’esposto
del magistrato, non significava a
quel tempo che egli pretendesse di
giungere ossessivamente alle
conclusioni ipotizzate.
Egli in
quel momento ancora non immaginava
che tutte le circostanze e gli
strani atteggiamenti di chi lo
circondava (letteralmente), che pure
aveva notato, erano finalizzate alla
sua eliminazione per via
psichiatrica. Tutte le attività del
“circolo” erano volte alla
costruzione di un profilo di
personalità distorto e falsamente
patologico di Paolo Ferraro. La
stessa vicenda e l'incontr
conla donna, presentata da
magistrato addetto al MInistero
degli Esteri, Roberto
Amorosi, della medesima
cordata "giudiziario-politica"
di Pesci , Cascini, Rossi, Carfì, CALVI.
"A
conferma di ciò anche le seguenti
circostanze:
Sabrina,
lungi dal credere alle assurde
prospettazioni dello psichiatra pur
gravemente manipolata e
condizionata, continuò a cercare
Ferraro e ad incontrarlo ovviamente
sempre più di rado . Talvolta
sembrava però prestare formale
ascolto al sopra detto
professionista: in due o tre mail
comunicò al magistrato il quadro
di riferimento
valutativo “propostole” dallo
psichiatra. Inoltre la donna, quando
incontrava Ferraro si preoccupava
ossessivamente che non fosse notato
dai condomini del palazzo, i quali
secondo le risultanze delle
registrazioni erano anche i
protagonisti delle vicende: in
esse si può udire l’ingresso nella
abitazione delle persone a distanza
di pochi minuti o di poche manciate
di secondi (in un caso a 23
secondi) dall’uscita di
Ferraro. Era una sorta di
occupazione pressante e continua,
confermata quindi implicitamente
dall’atteggiamento di Sabrina. Se
quanto desunto dalle registrazioni
fosse stato frutto un delirio
paranoide e quindi del tutto falso,
i condomini non avrebbero dovuto
destare alcun interesse in Sabrina,
essendo "apparentemente" del tutto
estranei alla sua vita. Comunque il
dott. Ferraro consapevole del più
che poteva nascondersi dietro alla
situazione aveva deciso di non
rientrare più in quella casa .
Incredibilmente il Procuratore di
Roma, un giorno con fare da buon
padre di famiglia lo invitò a
rimettersi con Sabrina " è una brava
ragazza" e lo stesso canovaccio
aveav seguito nel gennaio 2011
nientepopò di meno che lo stesso
Cancrini . La mia risposta secca :
"ma che dice .. sono un magistrato
.. ma non ha capito che situazione è
quella .. ?!" lo lasciò
infastidito e contrariato
.
Nel
periodo marzo-maggio 2009 Ferraro si
recò da uno psicologo, il dott.
Paolo Capri con l’obiettivo
esclusivo di sottrarsi alla
situazione affettiva ,
avendo egli scelto per ovvi motivi
di allontanarsene, consapevole
dei rischi che per pura
generosità poteva correre. Lo
psicologo ravvisò uno stato di
preoccupazione significativo, seguì
la storia, confermò di ravvisare
esclusivamente uno stato di ansia
accumulato del tutto conseguente e
naturale vista la situazione.
Condivise ed accompagnò la scelta
poi definitiva del magistrato di non
continuare a battersi per salvare
una persona da lui definita “pericolosa”,
gioendo per la notizia che aveva
deciso di avere una nuova
compagna. Avrebbe detto poi
che null’altro aveva riscontrato,
comunicandolo per telefono al
consueto solerte psichiatra Luigi
Cancrini che invece contattandolo
gli avrebbe
“diagnosticato” - in
assenza di Ferraro ed in assenza
di incarico professionale
riguardante la sua persona,
mancando di valutare i dati
oggettivi da lui prospettati
e dopo non averlo più visto
né sentito per cinque mesi
(!!!) - che di delirio e
psicosi si trattava imponendo
tale suo
pensiero-diktat al suddito
psicologo. Tutto ciò,
riferito dallo psicologo medesimo
interpellato
successivamente, avveniva un
giorno prima del fatto o in
concomitanza del fatto che ci
apprestiamo a raccontare.
Perchè una psico-setta pseudo-satanista non doveva esistere proprio lì, nel cuore della cittadella militare della Cecchignola, dove erano state trovate tracce all’aperto di rito, dove persino la circoscrizione aveva denunciato sparizione sospetta di animali e gatti anche dagli abitanti associata a questa presenza inquietante di cui si vociferava. In una città dove di sette sataniche ne sono state monitorate almeno cinquanta. Perchè la presenza di ragazzini nel contesto che si ricava dall’audio doveva essere inesistente, perchè un magistrato che conosceva personalmente la donna, che ne sapeva individuare la completa alterazione vocale e comportamentale, che aveva raccolto decine e decine di indizi e prove, audio documentali, dichiarazioni, indicazioni su possibili personeche avrebbero potuto testimoniare, doveva essere/diventare un visionario pazzo??? Oggi sappiamo che “Il Santa Maria della Pietà” cui alludeva Sabrina è uno strumento di potere, organicamente “arruolato” ed utilizzato per eliminare eventuali minacce (compresi i fuoriusciti da queste organizzazioni, oltre che eventuali inquirenti come nel caso di Ferraro). II.
IL SEQUESTRO DI PERSONA DI UN
MAGISTRATO DI CASSAZIONE CHE
SAPEVA TROPPO. INTERVENTO BLITZ
CON "PROPOSTA” DI TSO ILLEGITTIMO
IMMEDIATO. ACCOMPAGNAMENTO
COATTIVO AL SANT’ANDREA.
Attuato
da una squadra operativa composta
dalla “solita” psichiatra (operativa
nella ASL RM E che attua questo tipo
di blitz – si rammenti che quanto
capitato a Ferraro è paradigmatico
di un’attività posta in essere ogni
qualvolta le circostanze lo
necessitino), dal
“solito” medico alei
appiato, tre infermieri, due vigili
urbani. Gli operatori
accompagnati dal figlio legale del
magistrato, Fabrizio Ferraro
(che ne va ad oggi traendo benefici
di carriera e posizione
evidenti), mentre
nascosti al piano terra
stradale i due fratelli minori
di Paolo Ferraro (uno potente
avvocato e l’altra impiegata
pubblica sulle cui caratteristiche
personali stendiamo un velo
pietoso). La trappola era invece
coordinata dalla moglie separata
Silvia Canali, avvocato
ed interna a quegli apparati e più
in alto coperta per benemerenze
antiche e nuove parentele. Gli
operatori costringono di
fatto Paolo
Ferraro, appena tornato
dal lavoro a casa dove viveva
da solo, a seguirli.
Viene
stilata al volo una falsa certificazione
e non solo non vi era alcun
provvedimento tantomeno convalidato
ma nemmeno un minimo presupposto
legale o di fatto.
Ciò
nonostante Paolo Ferraro non poteva
opporre resistenza perché così
facendo avrebbe fornito il pretesto
per regolarizzare l’operazione.
Ma a
questo punto è utile ripercorrere
gli avvenimenti nel dettaglio,
come riportati in prima persona
dal magistrato nella memoria
presentata in Procura nel 2011.
“Il
martedì 19 Maggio del 2009 mi recai
al lavoro verso le ore 10:30 (avevo
impegno di spesa da adempiere prima)
e tornai a casa verso le 15:30.
Salendo per le scale che portano al
secondo piano della villetta in cui
abitavo (al primo piano viveva una
gentile coppia di signori anziani)
una volta arrivato sul terrazzo
grande su cui dà la porta della mia
abitazione notai la sdraio da me
utilizzata il giorno precedente per
prendere un po’ di sole,
completamente incenerita. Subdorai
da chi poteva essere arrivato il
“pensiero”, chiesi alla signora del
piano di sotto se e quando avessero
sentito odore di bruciato. Mi
comunicò che avevano notato l’odore
verso le ore 12:30. Decisi questa
volta di recarmi alla locale
stazione CC e feci una mera denuncia
anòdina ed equilibrata (all. 12)
senza neanche alludere a possibili
riferimenti. Precisai solo,
insospettito dalla circostanza, che
risultava sottratto e non bruciato
l’asciugamano posto sulla sdraio, su
cui mi ero poggiato senza maglietta
per prendere il sole il giorno
prima. Appena tornato a casa giunse
un colonnello, credo della Compagnia
Cassia, accompagnato da due
ufficiali, che di sua iniziativa,
avvisato sempre di iniziativa dalla
stazione CC Prima Porta., intendeva
effettuare un sopralluogo. Accolsi
la gradita iper-tempestiva visita:
effettuarono sopralluogo, rilievi
fotografici e repertamento della
sdraio integralmente bruciata. Nel
recarci all’esterno trovammo insieme
sull’altro lato del terrazzo un
sigaro posizionato o comunque
situato esattamente al centro di
mattonella. Non l’avevo visto prima
né io né lo avevano visto gli stessi
operanti. Anche il sigaro fu
repertato. Io nel frattempo mi
ricordai che conoscevo nella
palazzina della Cecchignola da dove
ero andato via persona che fumava
spesso, vistosamente all’aperto
proprio un sigaro che mi sembrava di
quel tipo. MA nonostante la
associazione mentale vi fosse stata,
nonostante il fatto seguisse di
pochi giorni la conoscenza
dell’audio estratto da parte della
donna e di qualche giorno una mail
di “saluto” tutta da leggere,
volutamente non ne parlai al
colonnello: mi guardai dal farlo,
perché il fatto, più che come una
intimidazione o minaccia mi suonava
curiosamente più come una
provocazione finalizzata ad una mia
reazione. Il colonnello entrò in
casa mia, da me invitato, vide che
ero incerto e preoccupato sul
parlare o no del sigaro, insistette
cortesemente: io più volte non
portai a compimento alcun discorso
sul punto, finché con una intuizione
o colpo d’ala mi chiese diretto “
lei ha mai avuto a che fare con
sètte sataniche?”. Io non risposi
esplicitamente, dissi che potevo
solo dire che avevo scelto di
allontanarmi dalla abitazione di via
dei Bersaglieri otto mesi prima, e
che avevo denunciato “fatti” alla
Procura di Roma, "non creduto"
(questo era il mio convincimento
parziale e dubitativo).
Nel frattempo decisi di far ascoltare le registrazioni a mio figlio Fabrizio (cui avevo tentato di spiegare la vicenda in due telefonate precedenti) e comunicai il fatto per telefono prima alla mia ex moglie e poi a mia sorella il pomeriggio del giorno dopo l’accaduto. Da parte di mia sorella trovai incredulità e fastidio, atteggiamento simile tenuto anche nelle due telefonate dei mesi precedenti. Nessuna allusione ad altro, mio figlio solo manifestò una incredulità tale da impedirgli di ascoltare anche ciò che era ascoltabile con il rudimentale strumento del lettore CD di una auto. Qui
debbo fare l autocritica : cercavo
di far capire la situazione e non
riuscivo a capire perché non
comunicassi su quel piano, cercavo
forse comprensione affetto lealtà da
chi poi ha dimostrato la totale
assenza di tali sentimenti nel modo
che appresso dirò. Far partecipare e
sentire i miei parenti era diventato
importante perché mi
sentivo negato nella mia
identità storia e realtà. Una
reazione psicologicamente debole?
Forse si, anzi certamente, ma
comprensibile.
Il
mercoledì mattina successivo mi
recai in ufficio e avvisai del
fatto il Procuratore ed aggiunto che
era presente: dissi con tono un po’
irruento, ma non aggressivo, che
quel sigaro aveva un possibile nome,
che feci, e che ora mi era successo
un fatto in casa e l’ipotesi di
attribuzione del fatto a quelle
persone era probabile (anzi, per
tentare di aprire una disponibilità
manifestai una “certezza
momentanea”) e che quelle persone (ne
avevo individuato nelle
registrazioni, tra nomi
pronunciati e voci dirette, un
numero oscillante tra 11 e 12 di
vario sesso ed età) sapevano
bene che le potevo conoscere in
parte ed avevano perfino sentito le
loro voci registrate (quando
nel maggio 2009 consegnai il CD a
Sabrina sapendo, se la mia
interpretazione era corretta, che
a quel punto avrebbero potuto
uscire allo scoperto, non
immaginando però come).
Mi
allontanai dicendo che ora dovevo
pensare a tutelarmi, non senza aver
fatto leggere la denuncia al
Procuratore. Poi parlai con
l’aggiunto Nello Rossi e il PM
Stefano Pesci che ancora seguivano “affettivamente”
la vicenda, ripetendo senza
tentennamenti ed in modo deciso che
a quel punto dovevo andare a far
presente la possibile
situazione a Perugia e che
poteva uscire all’esterno la storia,
allusi ai giornali precisando “non
sono scemo, non mi esporrei mai
personalmente” significando poi che
mi stavo solo sfogando della
situazione nella quale mi ero infine
trovato.
Il
mercoledì pomeriggio mi recai dalle
mie bambine per portarle a casa
all’uscita della scuola: non trovai
una delle due figlie all’uscita
perché la madre si era letteralmente
dimenticata di avvertirmi che era in
gita scolastica. Le telefonai ovviamente
allarmato: mi rispose
inizialmente “come, non c’è ?” io
confermai ancora più allarmato “non
c’è!!!” poi mi disse “ma sta in
gita”. Questo episodio si
sarebbe poi trasformato in questo
modo e così riferito: io avevo detto
che mia figlia era stata rapita
dalla setta satanica. Una falsa
oscenità, inventata probabilmente
in uno stato di isteria o in
mala fede. Io non
avevo mai pronunciato quelle parole,
e neanche per un istante avevo
pensato una scemenza simile!!!
La sera
stessa comunque due persone che
ritenevo amici (Fabio ed Angela) su
mia richiesta telefonarono alla mia
ex moglie esponendole che nelle
registrazioni era udibile quanto
sostenevo. [...] Questo perché
cercavo solo di far capire ai miei
presunti “famigliari” una realtà da
loro rifiutata e perchè
ovviamente presumevo una pur assurda
loro “buona fede”.
La sera,
verso le 20:45, mentre ero in
macchina fui raggiunto
telefonicamente da mia sorella che
cercava insistentemente di sapere
dove fossi. Ricordo ancora il
tono insistente e falsamente
vellutato delle domande .
Doveva assolutamente sapere dove mi
trovavo in quel momento [...] Dissi
semplicemente la verità (stavo
andando a trovare un amico) non
senza essermi chiesto il motivo
di quella insistenza..
La sera
del Giovedì avevo un appuntamento a
cena con la mia compagna di allora.
Alle ore
15:21 mi
aveva telefonato la ex moglie
dicendomi di voler ascoltare le
registrazioni; in fondo, pensai, le
avevo stimolato la curiosità: forse
si era rotto quell’incomprensibile
muro di silenzio e rifiuto. Mi
ritelefonò poi in ufficio dopo
un’ora circa, chiedendomi la
conferma della mia presenza in casa
alle ore 18:30. Mi richiamò una
terza volta alle ore
18:10 al mio numero di casa per
assicurarsi che fossi in casa ad
attenderla. Sono preciso sugli
orari perché li trascrissi subito,
nelle condizioni e nell’ambiente che
indicherò, mentre scrivevo una prima
bozza di atto a seguito di quanto
avevo subito.
Alle
18:45 in lieve ritardo arrivò a casa
la mia ex moglie (i cui rapporti con
me ho già precisato). Chiese di
sentire le registrazioni, posizionai
un CD di file non ancora
definitivamente puliti sul lettore,
iniziò ad ascoltare fingendo interesse.
Dopo pochi minuti sentii suonare
alla porta.
Erano
due infermieri, due vigili urbani,
un medico, una psichiatra mai vista,
mio figlio Fabrizio (del primo
matrimonio - anche lui coinvolto!
perché?) . Entrarono ed io
allibito capii che stava succedendo
l’impossibile. La mia ex moglie si
defilò in silenzio, senza salutarmi
e strinse però la mano alla
psichiatra con un saluto di intesa
(!!!) . Rimasi calmo nonostante
tutto, anzi ricordo che pensai
istantaneamente “se è quello che
penso non ho alcun modo giuridico di
difendermi. Ma è tutto assurdo ed
illegittimo”. Ripassai mentalmente
le mie nozioni teoriche sulla
privazione della libertà mediante la
procedura del TSO e dissi, dopo aver
salutato tutti i presenti con
educazione, per prima cosa ai due
vigili urbani “ vi prego di
rilevare che io sono perfettamente
sano, tranquillo, equilibrato e di
annotare tutto ciò”. Poi dissi che
avrei voluto immediatamente
illustrare una querela facendo
cadere il discorso, subito (come
facevo in quelle condizioni a
motivare in fatto, non sapendo
nulla, solo il diritto mi era
chiaro già in quel momento). Chiesi
di poter fare una telefonata a mio
padre, che trasecolato (ma solo
perchè l’iniziativa non era passata
per lui) cercò su mia
richiesta di chiamare il 112 senza
riuscire a trovare un interlocutore
solerte. Peraltro era del tutto
giustificabile la indicazione
di una impossibilità ad intervenire
in un contesto così come descritto
da mio padre al telefono. Un
infermiere robusto mi aveva seguito
mentre mi muovevo compassato e
rispettoso, fino al telefono, con
atteggiamento vagamente duro e
pronto ad intervenire (in caso di
inghiottimento subitaneo della
cornetta, mi si passi la
battuta …). Poi sedetti
al tavolino del salone e con
calma chiesi alla dott.ssa le
ragioni della sua cortese visita, di
declinarmi cortesemente il suo nome
per averne conoscenza. Ricordo che
disse De Minnis o qualcosa
di molto simile. Alla medesima dissi
solo “ Le assicuro che sono
perfettamente compos mei, non ho
nulla, non ho fatto nulla. Non ho
mai avuto nulla. Sono calmo e
sereno, attendo la mia compagna per
andare a cena fuori. Sono in
perfette condizioni di salute
fisica, privo di qualsiasi patologia
che possa giustificare in alcun modo
un TSO, non ho mai avuto alcun
disturbo, dormo e vivo regolarmente,
lavoro tranquillamente ”. [...]
Poi stilò sul
momento un certificato.
Una “diagnosi” fatta in
seguito all’ascolto compassato di un
uomo colto e calmo che parla per
poco più di di due
minuti, fondata sulla non
conoscenza mia e su qualcosa che
evidentemente le era
stato detto da chi, come,
perché non lo potevo sapere. Il
tutto a fronte di una ipotetoca
“chiamata” al 118 priva di senso.
Gli infermieri e i vigili urbani
erano per la verità un po’
intimiditi dalla strana situazione,
pronti ad intervenire, in caso
di mia opposizione o resistenza.
Discesi le scale di casa affranto,
in silenzio e umiliato subendo
l’accompagnamento coattivo e
ravvicinato dei due infermieri, uno
dei quali (proprio il robusto
controllore diretto) era
divenuto già dubbioso, quasi
affettuoso. Entrai in autoambulanza
diretta al reparto psichiatrico
dell’Ospedale Sant’Andreacontro
la mia volontà, e non potevo
oppormi: sapevo bene quali pericoli
ulteriori potevo correre. Poi avrei
saputo, a distanza di tre giorni,
che ero "atteso" al San
Filippo Neri ma non vi erano al
momento posti disponibili. 5
In stato
di costrizione, cioè
contro la mia volontà coartata,
rimasi in sala di attesa
dell’ospedale con tutto il corteo
che mi aveva “gentilmente
accompagnato” e che ormai neanche
più mi controllava tanto ero
composto e tranquillo fuori (dentro
di me disperato dalla
incomprensibile situazione) che lo
stesso infermiere indicato prima
infine mi disse, “non ho mai visto
una situazione del genere” e poi
“stia attento, la dottoressa ha
insistito per farle dare il codice
rosso...” ( sarebbe l'urgenza per la
gravità del paziente ). Lo
ringraziai con dolcezza.. Gli
chiesi anche di ricordarsi tutto e
di dirmi il numero della
autoambulanza. Poi da me
dimenticato, perché non annotato
subito. Ma lui di me si ricorda,
certamente.
Verso
le ore 21:00 erano
in fila davanti a me a distanza di
dieci metri c.a mio fratello (che
non sentivo da anni) mia
sorella (che avevo sentito per
telefono poche volte nei
precedenti mesi), la mia ex
moglie e mio figlio Fabrizio.
Attendevano che fossi effettivamente
ricoverato, mi guardavano da lontano
e comunque non mi parlavano. Ricordo
solo uno sguardo ad un certo punto
che non dimenticherò mai, ed una
mossa, un sorriso che non oso
definire…
Verso
le ore 22:00 piombarono
una mia amica di
allora, Angela (la quale,
per inciso, aveva ascoltato e
valutato gli audio, rabbrividendo
alle presenze riscontrate) e
un mio amico fraterno, Fabio
Ravagnani, da me informati al
cellulare (ancora non ne sapevo la
sotterranea appartenenza) . Mentre
parlavano con me, gli altri, in
particolare mia sorella, guardava
Angela con disprezzo vistoso.
La mia compagna di allora mi
raccontò poi l’atteggiamento da
lei subito ad opera di mia sorella.
Continuai a rimanere calmo, cercando
di capire la situazione, raccontai
allo psichiatra dell’accettazione
che tutte le persone familiari
presenti, ad eccezione di mio
figlio, avevano gravissimi
antichi dissapori
loro e problematiche
loro, e che io non ne avevo
con loro e che non sapevo che cosa
poteva essere successo. Lo
psichiatra dell’accettazione
annotò che prospettavo come nemici
i familiari ( ?!?!?! ). Non
conoscevo la logica psichiatrica:
dire che non avevo problemi io con i
mie fratelli ma loro con me era dire
che li vedevo come nemici miei. Una
equazione arbitraria, a me
parve: io non avevo mai provato
alcun sentimento negativo nei loro
confronti e il loro grave
conflitto psicologico nei miei
confronti non mi coinvolgeva, ma
era arcinoto persino alla mia
ex moglie . Verso le ore
23:30 infine entrai nel
reparto psichiatrico dopo
essere stato costretto a
convertire a mia
tutela il sequestro subito
in proposta di TSO
“volontaria”. Quale
volontarietà ci fosse in quella
situazione è dato immaginare a
CHIUNQUE: era una scelta
coartata .
I miei
“parenti” si erano allontanati
un’ora prima, certi del mio
ricovero. I miei amici mi
accompagnarono alla porta. Io dissi
loro di stare tranquilli, che la
verità sarebbe emersa prima o poi. A
distanza di due giorni dalla
denuncia di un fatto e di un giorno
dalla mia comunicazione del
fatto, venivo di urgenza
ricoverato, privato della mia
libertà per oltre tre ore e
infine coartato ad usare come
strumento difensivo un “ricovero
volontario” a fronte di una mera
proposta di TSO RADICALMENTE
INFONDATA ED ILLEGITTIMA eseguita
con modalità e forme illecite .
Richiamo
solo le seguenti circostanze:
il TSO può essere ordinato
esclusivamente dal Sindaco, in
presenza
di due certificazioni
mediche che attestino che
: 1) la persona si trova in
un stato di
alterazione tale da necessitare
urgenti interventi terapeutici in
costanza di una diagnosi fondata
2) gli interventi urgenti
e necessari siano stati in
precedenza proposti ed espressamente
rifiutati 3) non sia possibile
adottare tempestive misure
extraospedaliere . La proposta deve
essere concretamente motivata
ex ante, poi, istruita, il
provvedimento del Sindaco (
per principio normativo e
costituzionale ) vagliato anche dal
giudice tutelare .
Io
quindi NON STAVO SUBENDO
UN TSO ma una
coercizione in assenza di
alcun contatto con psichiatri
o medici, in assenza di
qualsiai pressupposto sostanziale e
formale, senza alcun provvedimento e
attraverso una falsa certificazione
redatta al volo. Ma ancora non
sapevo l'altro, sapevo solo che la
attività illegale era
stato effettuata in forma di
blitz immediato e
che avevo saltato la cena in
pizzeria con la mia compagna .
Ma dopo
avrei
cercato di capire, dopo tutto quello
che ho poi passato.
I
primi due giorni e mezzo, tanto
era grave la mia situazione
che passavo tutta la
giornata fuori del
reparto, chiacchierando
serenamente all’esterno
dell’ospedale con i miei amici. Nulla
mi fu dato: mi chiesero se volevo un
sonnifero e risposi che dormo, ho
sempre dormito e avrei dormito.
Decisi di fare domanda di congedo
ordinario (non per non
aggravare l’ufficio, come si
legge nella dichiarazione che mi
fu “proposta” per
difendermi nell’ambito della
procedura per dispensa dal
servizio, ma per tutelarmi
perché NON avevo bisogno di
interrompere il flusso delle
ordinarie assegnazioni e perché
all’inizio presi letteralmente la
cosa come una breve sgradita
vacanza obbligatoria).
Fu un
mio amico, Fabio Sirgi, che
addirittura mi accompagnò in
macchina fino a casa per prendere i
miei vestiti e la documentazione che
ritenevo indispensabile a chiarire
ogni equivoco. I miei fratelli che
mi volevano tanto bene erano
spariti. Ritornai all’ospedale
addirittura con la mia auto.
Mi venne
a trovare il personale che
lavorava con me: la dott.ssa
Alessandra Carloni, Amedeo Gnocchi,
Antonio Vitello, Goracci Donatella.
Tutti storditi, stupiti e
scioccati da quello che
accadeva.
I
TEST tutti subito fatti rivelavano
uno stato di perfetta e completa
salute dei Paolo Ferraro e
sarebbero poi un giorno stati
fatti sparire da una copia atti
richiesta e trasmessa al giudice
civile di ROMA . Il perchè è
evidente ed il fatto certo (
difatti l'archivio della struttura
stampa da file digitale e solo una
selezione ad hoc od una stampa
selettiva da cartaceo consentiva
di tentar di far sparire i TEST ).
Ma ne avevamo una copia integrale
dei documenti fatta in tempi
antecedenti
Venne
invece di nascosto presso la
struttura la mia ex moglie che chiese
sempre
di nascosto da me la mia
“certificazione, per portarla in
ufficio”: così aveva motivato al
medico chiamato all’esterno. Io
avevo chiesto le ferie e spiegai
brevemente al medesimo medico che mi
aveva avvisato della circostanza,
che non potevano accedere ad una
tale richiesta e gli chiesi di
“respingere al mittente la
richiesta” segnalandogli la
necessità di ricordarsi della
richiesta orale fatta. Ricevetti
addirittura una incredibile
telefonata dal marito di mia
sorella, che mi invitava a produrre
la certificazione medica che serviva
all’ufficio. Lo trattai con
sussieguo e distacco. Perché
insistevano così tanto su questo
particolare? [A distanza di dieci
mesi circa la mia ex moglie sbottò
in una frase che mi lasciò
esterrefatto: “ pure al
procuratore hai fatto vedere la
relazione degli investigatori quando
ci siamo separati” e solo due mesi
fa ammettendo la sua partecipazione
al blitz, peraltro evidente “me lo
chiese una persona autorevole”. Non
so da chi potesse
sapere che in effetti feci
vedere quella relazione
investigativa che la riguardava, se
non dall’unico soggetto a conoscere
la circostanza a parte me.]
Il
giorno dopo venne a farmi visita
inaspettatamente il
collega dott. Filippo Vitello.
Nessuno sapeva nulla, tutto era
stato tenuto accuratamente riservato
a tutela della mia privacy (?!)
ed in realtà della operazione,
ma egli aveva saputo che ero
ricoverato e dove. Non lo vedevo che
di rado in ufficio se non una o due
volte a settimana, di solito dinanzi
alla macchinetta del caffè o quando
l’uno o l’altro avevano bisogno di
tabacco per la pipa. Al
collega raccontai brevemente la
assurdità della situazione e
forse dissi qualcosa di più sulle
ipotesi che andavo facendo.
Il nome
del collega compare in una missiva
che fa parte del fascicolo per
dispensa “ Ho
saputo dal collega Filippo
Vitello che…” (all. 17).
Ora già
sanno tutto che avrei poi
“incastrato” in unatelefonata
investigativa Vitello le cui
reticenze e una attenta rilettura di
tutti i contesti e della sua
persona, hanno infine logicamente
dimostrato appartenenez sue e
partecipazione consapevole.
Il
venerdì parlai con lo psichiatra
dott. Paolo
Girardi, responsabile della
struttura: spiegai che gli
unici input aderenti alla realtà
potevano provenire solo da chi
mi frequentava effettivamente
nell’arco delle quattordici ore di
veglia., che sarei stato sereno se
non mi fossi trovato lì senza
capirne il perché, scherzando sulla
pizza persa il giovedì sera.
Raccontai la storia a monte in una
sintesi di non molti minuti, forse
concitata, ma più per lo scarso
tempo a disposizione che per la
situazione in cui mi trovavo,
precisando “ la mia disgrazia è
che si tratta di una storia non
ordinaria e che se non creduta e non
accertata almeno nei suoi fondamenti
oggettivi indiziari o di prova, si
presta a varie supposizioni o
manipolazioni”. Neanche immaginavo
ciò che risulta accaduto a molti
testimoni di fatti analoghi: non
conoscevo la letteratura a riguardo
e non avevo cultura investigativa
sullo specifico settore criminale .
Il
sabato venne un altro psichiatra, il
dott. Ferracuti
Stefano appositamente
chiamato (me lo aveva
preannunciato il primario, dicendomi
che era meglio affidare a lui la
valutazione per la sua specifica
“storia professionale”... avrei
molto dopo capito meglio ). Dinanzi
a lui ed altri psichiatri della
struttura spiegai con preciso
ordine logico, cronologico e
sistematico i fatti essenziali, ogni
volta
mostrando la documentazione
corrispondente. Perizia fonica, mail
della donna, mio allontanamento,
fatti ragionevolmente udibili e
uditi anche da altre
persone, fatto subìto il
19 Maggio, incomprensibilità della
situazione in cui mi trovavo,
conflitto implicito con la
procura che aveva archiviato il
fatto e che qualificai
come valutazioni contrastanti
(lì peccai di
diplomazia: ma quale forma
patologica è quella che si concreta
in una espressione eufemisticamente
conciliante?). Parlai con
equilibrio e vigore verbale normale,
come sono sempre solito fare e con
le caratteristiche e presenza
che sono note della mia figura e
persona. Oggi non rifarei però
l’errore che allora feci: mostrare
la mia mail di addio a Sabrina fatta
di sensibilità e sentimento umano ad
una platea di non “credenti” in mala
fede od idioti utili non
consapevoli.
A
distanza di dieci giorni vidi sul
tavolo delle riunioni e lessi (anche
perché giravo come un libero
cittadino nel reparto) la relazione
stilata dal solo psichiatra con
“ storia professionale
adeguata” Ferracuti
Stefano e
rimasi “pacatamente
terrorizzato”: veniva stravolta
la analisi del mio periodare, mentre
la coerenza logica e cronologica di
quello che dicevo veniva
caricaturata in
astratto con formule
linguistiche trapiantate da
etichette psichiatriche
precostituite. Non un giudizio
concreto, non un riferimento
concreto a quello che in concreto
avevo detto, non una analisi
concreta legata al mio pensiero od
alle concrete modalità
espressive. Solo frasi
standardizzate che poi da me
immediatamente imparate a
memoria (tanto ero psicotico
o stavo male), avrei ritrovato
nella descrizione di patologie di
varia gravità.
Le
valutazioni solo
astratte formulate e poi
ritrovate nelle descrizioni delle
patologie. Quello che dicevo,
come lo raccontavo, come lo
analizzavo incompatibile
assolutamente con le “etichette
astratte e manualistiche”
applicatemi. Capii allora per
la prima volta che “forse”
c’era qualcosa di veramente grave
"nel metodo psichiatrico." .. e
piuttosto dietro alla mia vicenda
qualcosa di ancor più grave di
quello che già appariva.
Il
giudizio formale ed astratto
formulato non si ancorava né si
poteva ancorare a esemplificazioni
ed indicazioni concrete. Vizio
metodologico? Tolto il mio nome e
cognome come riferimento non
restavano che formulazioni astratte
pedissequamente ripetute. Noi
giuristi le chiamiamo motivazioni
apparenti .
Mi era
invece stato indicato a voce lo
stesso giorno dallo stesso
psichiatra Ferracuti Stefano,
che dai test che avevo compilato
emergeva una lieve ansia: non
particolarmente
significativa, due tracce sopra
la riga mediana opportunamente
riabbassata a sessantacinque ..
sennò coi livelli dalla dottrina
precedente adottati sarei risultato
“calmo e sereno” per tabulas ed
algoritmi. Replicai semplicemente e
un pò seccamente “ma lei al posto
mio, in questa situazione come
starebbe? Come vuole che io stia
pacatamente sereno anche dentro!?”
). Fuori e nel comportamento
ero visibilmente
pacato. Ricordo ancora che un
infermiere si fece scappare una
battuta a riguardo della mia
situazione e sulla stranezza della
mia presenza nel reparto, mentre fui
quasi corteggiato da una simpatica
addetta al reparto certo non avvezza
a ciò con i malati, che a loro volta
mi chiedevano esplicitamente perché
uno che si comportava come me stesse
lì (Loro non sapevano chi ero e
che mestiere facevo: lo dissi
solo dopo quindici giorni a due di
loro, apparentemente meno gravi
sotto il profilo della salute
mentale, a mio giudizio).
L’avvocato
di mia “fiducia” nonché “di
fiducia dell’ufficio”, Nicola
Petrucci si era "riunito" con il
primario Girardi e lo psichiatra
Ferracuti (oggetto e contenuto
della riunione a me rimasti ignoti)
ed intervenne solo poi su un
nuovo tema sopravvenuto: sostenere
la causa anche mia che non
deovevo assolutamente
trasferito al San Filippo
Neri. Vi era infatti una
esplicita richiesta, mi si
disse, di trasferimento presso
il reparto psichiatrico di quella
struttura ospedaliera, motivata
per ragioni territoriali, ma un
infermiere anzi credo il caposala mi
avvertì dicendo che qualcuno
aveva detto che lì “mi
conoscevano bene...” (
?!??! ). Non posso sapere se ciò
fosse vero ma presumo che fosse
attendibile l’indicazione fornitami
per mera stima dal lavoratore (vedi
richiesta di sequestro di ogni
documentazione esistente presso
quella struttura). Io lasciai
l’avvocato solo a perorare
la causa generale ma mi fu
confermato che non disse una
parola su ciò che aveva ascoltato,
non sprecò una parola sulla
corrispondenza tra il trascritto e
l’udito, non spiegò nulla dei
fatti a monte che non compresi o
manipolati erano l’unico
possibile appiglio e certo
non erano “stati contestualizzati” (anche
per assenza del contestualizzatore
da sequestro di persona in
costanza di mera coattiva proposta
di TSO inventata e successiva
necessitata, coartata e non libera
“conversione” in TSV … ).
Sia
chiaro, avrei il giorno successivo
subito indicato che non intendevo
rimanere ma l’equazione più volte
ripetutami “consenso al TSV revocato
= TSO al volo” mi rendeva impotente.
Riuscii anche ad imporre che la
minaccia venisse verbalizzata. Magra
consolazione e micro strumento di
prova e tutela a futura memoria.
Lo
strumento del simulato 118 era
passato apparentemente per una
parte della mia disastrata famiglia:
io, l’Abele buono, bello,
intelligente, stimato, purtroppo
idolatrato dal padre (qui la
radice principale dei “problemi
famigliari, unitamente alla
distanza di età dai miei fratelli
minori e vari altri problemi LORO)
ero in ginocchio e non sapevo
il perché. Ricordo un
particolare che mi incuriosì:
l’avvocato di mia fiducia più volte
mi chiese “ma lo psichiatra l’ha
mandato l’ufficio?” volendo a tutti
i costi sapere la mia opinione,
non certo le mie conoscenze a
riguardo. E’ ovvio che non potessi
saperlo, e poi era uno psichiatra
destinato anche al Sant’Andrea
oltreché al San Filippo Neri (dove
ero atteso per competenza
territoriale...?!).
Il secondo
particolare
era ancora più curioso:
l’avvocato Petrucci mi riferì che lo
psichiatra autore della valutazione,
il dott. Ferracuti, gli
aveva chiesto uscito e
reincontratolo “non avrà mica
registrato quello che ha
detto?! “ e ricordo che il mio
avvocato di fiducia per due
volte ripeté la domanda a me
“ma non hai registrato, vero?” .
Risposi no. E come potevo? Allora
pensai ingenuamente che si cercava
una mia patologia
investigativa. Curioso però:
perché avrei dovuto pensare di
investigare su professionista
appartenente ad una struttura
pubblica, solo su uno poi, e
per di più registrando quello
che dicevo io?!
Venne
mio padre a tentare di parlare con
la struttura, tardissimo, stravolto.
Ricordo un particolare: disse che
aveva ricevuto una telefonata (!!!)
pervenutagli di mattina verso
le 10 credo
(fatto riscontrabile dai
tabulati ). Una signorina lo aveva
convocato ad una certa ora, credo le
13:00, presso il San Filippo Neri
indicandogli che il primario di tale
struttura lo attendeva. In autobus
perse ore intere, arrivato lì
aspettò credo due ore ma infine
nessuno sapeva nulla, nessuno lo
aveva cercato. Riuscì a ritornare al
Sant’Andrea con gli autobus alle ore
18:30 e parlò, convinto di far
conoscere la verità su me ed i
fatti, con uno studente barbuto solo
medico di pronto soccorso, credo al
terzo anno di specializzazione in
psichiatria. Ovviamente della
“convocazione”nessuno sapeva nulla
neanche al Sant’Andrea. E
chiese ripetutamente lumi a
riguardo.
Debbo
qui rammentare che mio padre era in
parte vergine portatore di
conoscenze maturate in 54 anni di
mia conoscenza, nulla credevo
sapesse di ciò che era accaduto alle
mie e sue spalle in quei
mesi. Credevo non conoscesse il
dott. Cancrini, lo psichiatra degli
incontri “clandestini” con i miei
fratelli, ai quali secondo la sua
versione sarebbe stato portato solo
successivamente. Ma sarei stato
eclatantemente smentito dai fatti e
da un suo “diario” da me
acquisito nel Dicembre 2011.
III. IL
RICOVERO
COATTIVAMENTE “VOLONTARIO” DI
FERRARO AL SANT’ANDREA.
INDIGNAZIONE E STUPORE DI TUTTI
COLORO LO CONOSCEVANO. UNA
“TERAPIA” PER UNA PATOLOGIA CHE
NON POTEVA AVERE. USO DI FARMACI:
EFFETTI PRIMARI E SECONDARI. IL
CONTROLLO PERMANENTE SULLA STORIA:
SE LA RICORDAVA E SE NE PARLAVA...
A pochi
giorni dal ricovero la imposizione
della prima terapia a base di
antipsicotico orale, consigliato
anche per i casi di schizofrenia, in
dosaggio iniziale forte. Il
magistrato non aveva scelta: fu
docile e collaborativo (in gergo
psichiatrico) solo diceva
ripetutamente “non ho nulla, sto
bene, non datemi farmaci che
incidono sulle mie facoltà
mentali. Tutto ciò che ho
ipotizzato ed argomentato risponde
a dati verificabili in mio
possesso. Non ho mai creato
artificiali ricostruzioni di fatti
inesistenti, erroneamente
percepiti, erroneamente
interpretati, erroneamente
ricostruiti. Dormo ho sempre
dormito, lavoro e lavoravo
regolarmente”. Non poteva
difendersi (e l’avvocato di
fiducia dell’ufficio, Petrucci,
era stato l’ulteriore inganno che
lo aveva travolto).
Commise
anche l’errore di tentare di far
sentire le registrazioni audio non
pulite attraverso i computer non
attrezzati dell’ospedale e facendo
visionare i pochi brogliacci a
disposizione, recuperati a casa.
Finendo così per delegittimarsi agli
occhi di una platea tardo
pomeridiana di tre giovani
psichiatre e del barbuto
specializzando.
Nel
frattempo con pochi fogli ed una
penna, annebbiato e rallentato dai
farmaci, scrisse i primi cinque
fogli di appunti che concernevano la
richiesta di accertamento e
ricostruzione dei fatti. Era un
tentativo disperato. Scrisse anche
una breve memoria sul proprio stile
di vita e su possibili testimoni a
suo favore, ma egli si trovava ad
essere in quel contesto un paziente
con una patologia: se avesse scritto
la Divina Commedia sarebbe stata
solo la prova di un delirio, se
avesse scritto un manuale di diritto
sul TSO sarebbe stato un
atteggiamento “deliroide a sfondo
giuridico”, se avesse argomentato
sulle certe false informazioni e sui
pessimi e deviati rapporti con i mie
“parenti” sarebbe stata la conferma
di una ossessione fatta di persone
viste come nemici. Per definizione
in quel tipo di psichiatria un
parente in quanto tale vuole
solo il bene (è solo il
certificato anagrafico che conta):
in questo contesto descrivere la
realtà più complessa di rapporti e
la loro storia, i fatti e problemi
altrui è inutile, diventi
automaticamente uno che inventa o
vede nemici ovunque. Chi lo fa è un
“paziente” che sproloquia.
IV. L’AVVIO E GLI SVILUPPI DELLA PROCEDURA DI DISPENSA DAL SERVIZIO CONCLUSASI CON ARCHIVIAZIONE NEL LUGLIO DEL 2010 (documento in rete) Dimesso
poi, ma con l’obbligo di proseguire
“la cura” (pena il ricovero coatto)
e rientrato in ufficio, la stessa
mattina riprende il lavoro dal primo
istante. Poi porta al mare le
figlie per una settimana, in camper,
facendosi aiutare anche per cucinare
dalla loro baby sitter (si rammenti
questo particolare quando si parlerà
del “fronte famigliare”). Tutto ciò
pur essendo bombardato
dalla sostanza addetta a fargli
dimenticare il fatto e/o la sua
interpretazione e ricostruzione e
comunque a impedirgli di fare
qualunque
utilizzo “patologico” dei
suoi ricordi.
Tornato
a Roma e parcheggiato il camper,
riprese lavoro e vita sociale come
al solito normale, proseguendo
invece l’interruzione “atavica” dei
rapporti con i “malati” (loro sì, ma
anche pericolosi) fratelli.
Nel
frattempo continuava a
seguire/subire incontri
quindicinali, con una psichiatra
dall’aria teutonica, tale dott.ssa
Iginia Mancinelli, nel
corso dei quali veniva rinnovata
somministrazione cutanea del
simpatico prodotto denominato
RISPERDAL in versione long act,
“morigerata” (si apprenderà poi che
gli psichiatri del Sant’Andrea non
erano organici alla stessa
massoneria deviata e che addirittura
un pò “la temevano” ma era vero ?!
). Unico tema di dialogo: se stava
bene, chi frequentava e
soprattutto se ricordava “la
storia” e se aveva cambiato opinione
a riguardo. All’ultima insinuante
domanda dolcemente pressante il
magistrato rispondeva solo con
sguardo tra il dolce, l’offeso e
l’indignato.
Fu così
controllato e trattato circa fino al
Marzo 2010. Prendeva
contemporaneamente anche un prodotto
orale destinato
alla stabilizzazione del’umore,
così gli raccontavano (ma era
sufficiente verificare su internet
effetti e
controindicazioni...). Ferraro
rimaneva stabilmente indignato e
stabilmente accorto ma non poteva
non prendere ciò che gli veniva
propinato perchè facevano analisi e
controlli continui e perchè, lo
diciamo anche a beneficio della
collettività, non prendere un
farmaco imposto equivale a sottrarsi
alla terapia e quindi creare il
presupposto per un ricovero
coattivo.
Poi tra capo e collo mi capitò quanto era ipotizzabile: La notifica della decisione di aprire una procedura di dispensa a mio carico da parte della IV commissione del CSM (documento in rete), anticipata a voce dal collega “umanamente interessato” Stefano Pesci. Riferì che un membro donna della IV commissione CSM e di corrente UNICOST aveva richiesto la riapertura del fascicolo ed una nuova procedura. In quel momento il magistrato apprese che una prima procedura già era stata archiviata in toto dalla I commissione. Di questa Stefano Pesci, nonostante la sua NOTEVOLE entratura (...) non aveva a suo tempo informato Ferraro. E mi venne alla mente il fuoco incrociato ed il gioco dello scambio dei favori tra le correnti dominanti. Il
collega Pesci poi non sapeva che
Ferraro tempo prima in procura aveva
casualmente ascoltato una
piccola porzione della sua
telefonata del 2009 sul “TSO”
ordinato (e glielo tenne
accuratamente nascosto: il suo
sguardo perso ed arrabbiato quando
Ferraro esporrà l’episodio nella
discovery dell’ottobre 2010 era una
conferma che fosse il magistrato il
destinatario della “pressione
affettuosa”). La notifica di questa
seconda procedura di dispensa fu
fatta dal Procuratore accompagnata
dalla battuta “sai, sono un po’
burocrati...”.
Ferraro
a quel punto fu una pecorella
smarrita ma accorta, lasciò fare
seriamente preoccupato, ritenendo
che si sarebbero accontentati di
delegittimarlo.
L’altro
aggiunto, Nello Rossi preparò
la controdeduzione per conto di
Ferraro (in allegato copia
della mail di trasmissione
- all. 14) , che suggerì
solo qualche modifica. Tali
deduzioni falsificavano ed
alteravano la realtà in vari punti
(inventato stress lavorativo,
reazione di Ferraro successiva alla
“fine di un rapporto” - in realtà
tenuto in piedi per altruismo e solo
al fine di aiutare dall’esterno la
donna ed il figlio - decisione
consapevole di
non incidere sull’attività
dell’ufficio presentando a suo tempo
domanda di ferie (!?!?!?!). Infine
il fatto che Ferraro
compiaciuto seguisse (non
subisse!) una “terapia proficua”(
per lui ??). UNa mondezza che
dovetti subire in silenzio.
Ma il
capolavoro fu l’abiura costruita con
un’arte menzognera senza pari: così
infatti scrive Nello Rossi “per
conto” di Paolo Ferraro “È in
tale contesto che va collocato lo
scritto del 23 novembre 2008. Uno
scritto che è il frutto di
tensioni e suggestioni emotive
avvertite, in quel momento, con
eccezionale intensità ma limitate
ad una fase circoscritta nel tempo
e che oggi possono dirsi
completamente superate (così come
è oggi assoluta e totale la
distanza dalle affermazioni a suo
tempo fatte in tale scritto). Tale
superamento è scaturito dalla
esatta percezione delle grandi
difficoltà derivanti dallo stato
di stress psicofisico e dalla
scelta, meditata e responsabile”(
n.d.r. e qui la
maestria si fa arte pura) “di
intraprendere un percorso
terapeutico comprensivo di un
breve ricovero volontario in
una
struttura pubblica”. Eh
già, la operazione illegale,
la sua organizzazione a blitz,
la costrizione e la
impossibilità di uscirne
fuori non dovevano esistere. Ma
perché?! in fondo erano “alcuni
parenti” gli autori apparenti .
Leggendo
le deduzioni propostegli Ferraro
comprese che c’era una
“verità” da allineare. Forse sarebbe
bastato questo. Sottoscrisse il
documento con il cuore, l’anima e la
sensibilità infrante, subendo la
pressione della situazione senza
difese. Sapeva troppo poco per poter
reagire. Doveva dire di sè ciò che
non pensava e che non corrispondeva
alla verità dei fatti ed alla logica
di dati ricostruibili, ma in quella
fase non poteva che piegarsi, mentre
la tempesta imperversava.
Ma le
deduzioni non bastarono: la
struttura del Sant’Andrea doveva
certificare il suo stato di idoneità
ed ancorarlo alla specificità della
sua attività lavorativa. Ferraro
chiese il certificato consapevole
del proprio stato di completa salute
psichica ma gli fu ancora una volta
rilasciata certificazione di forma
psicotica di “eccitazione
reattiva”. Era sempre
un “malato”
(necessitato) sotto stretta
sorveglianza...
a procedura di dispensa andò al plenum e fu richiesto da un membro politico un generico “approfondimento”. Fatta l’abiura, certificato il (falso) fondamento patologico della sua denuncia dei fatti della Cecchignola e santificata la propria inattendibilità sul caso il magistrato si augurava che non avrebbero più avuto necessità di infierire. Apprenderemo poi che con lealtà necessitata (vi erano un parere ufficiale coi fiocchi indiscutibile emesso nello stesso periodo della “malattia” e due anni di lavoro indefesso e normale) il Procuratore Ferrara avrebbe detto in commissione “Il dott. Ferraro Paolo è un magistrato preparato, attento, scrupoloso, molto affidabile. Ha sempre lavorato con attenzione, con scrupolo ed ha esaurito sempre bene i suoi compiti. Ho portato le statistiche comparate del 2009 e 2010 che sono il periodo che interessa etc. etc. E la procedura fu archiviata dal plenum alla unanimità ( ALL 15 ) ma “allo stato”. Peccato che un soggetto in stato di psicosi reattiva non può lavorare, non può dormire, non ha contatti sociali di lavoro e di vita regolari. La verità ufficiale si prendeva a cazzotti da sola: tutte e due le cose insieme non potevano essere vere, ma infine era vero quello che aveva dichiarato il Procuratore. E ormai esisteva la prova che tutto era stato ordito in ragione di ciò che Ferraro aveva scoperto, ma anche che in quella situazione non poteva essersi cacciato da solo. Difatti era fuori gioco anche nella certa progressione professionale, messo fuori gioco e sotto permanente ricatto (lui che non avevo mai subito neanche un minimo appunto). A fine
Luglio giunse la notizia positiva
auspicata dell’archiviazione, mentre
in “famiglia” passava la voce che
era stato “miracolato”, vista
la “sua malattia”.
Ad
Agosto 2010 tornato al lavoro
Ferraro tornò a studiare la
situazione. Il suo
dovere di magistrato e la propria
dignità di uomo gli imponevano di
non cedere al ricatto e al
compromesso. Ma era in goco la sua
stessa indipendenza come
magistrato .. un bene che lo
travalicava.
I conti
non tornavano in alcun modo: inquadrare
tutto come un errore colossale a
catena lasciava, quello sì, aperti
“troppi buchi” anche a voler
prescindere da ciò che aveva
scoperto; la somma delle
artefatte e superficiali valutazioni
tecniche, le informazioni
soggettivamente alterate dei
parenti che non frequentava
(magari caduti nel vortice per un
male che si portavano dentro loro,
ma anche questo non bastava),
giudizi od informazioni loro
pervenuti, la forza della negazione
della parte offesa donna “impaurita”
(con Sabrina avevano usato
l’argomento “ti facciamo togliere il
figlio?!”), l’eccesso di zelo
psichiatrico da parte di
professionisti che fanno i
consulenti tecnici d’ufficio (CTU)
su incarico presso la stessa
Procura (quindi beneficiari di
incarichi remunerativi, con ciò che
ne consegue in termini di rapporti
ed interessi comuni con Procuratore
e magistrati), la difesa
dell’ufficio, la “tutela” di
Ferraro in una “ forma
incisivamente falsificata” poco
compatibile con il concetto di
sostegno affettuoso... E poi il
ridicolo della situazione era che
fratello e sorella del
magistrato asserivano di essere i
suoi salvatori, i suoi
monitorizzatori ed in
prospettiva altro (...che non osiamo
immaginare).
Sulla
“fede” del primo
psichiatra occulto (Luigi
Cancrini) e del secondo
venuto il Sabato al Sant’Andrea (Ferracuti)
c’era da mettere le “mani sul
fuoco”. Troppo non quadrava anche
nel comportamento paternalistico del
primario. La teutonica psichiatra
era, credeva lei, impenetrabile...
V. LA
DECISIONE DI FERRARO NELL’AGOSTO
DEL 2010 DI CAPIRE E APPROFONDIRE
QUANTO GLI ERA ACCADUTO.
Finita
la tempesta il magistrato andò a
salutare il Procuratore capo
Ferrara: non lo vedeva dal Giugno
del 2009, salvo un cortese incontro
per le scale. Un po’ non ce ne era
stata occasione.
Gli
portò un fascicolo, ne parlarono, lo
accompagnò alla porta e poi a
bruciapelo chiese a Ferraro “ma
perché quella donna ti voleva
male?”. La domanda era visibilmente
volta a misurare la risposta.
Ferraro di impulso scelse la
risposta che lo avrebbe fatto
“aprire”. Disse “beh, può
essere che non abbia gradito la
consegna del CD e dei
brogliacci … oppure perché la
ho lasciata”. La risposta
del Capo fu chiara: “tu non stai
bene, si vede”. Ferraro tornò il
giorno dopo e disse al procuratore
“premesso che non so perché lei mi
ha detto che quella donna mi
voleva così male, penso possa
essere anche solo perchè la ho
lasciata”. La sua risposta fu
rivelatrice: “oggi si vede che
stai bene, si vede che stai
meglio…”. Il Procuratore era
contento di sé, della sua capacità
persuasiva o di verifica
psicologica, ma forniva
l’ennesima conferma della propria
malafede: diversamente non si spiega
la concezione del procuratore
secondo cui la salute mentale di un
individuo possa variare a giorni
alterni a seconda che la risposta
fornita sia consona alle proprie
aspettative.
Studiando
gli incartamenti dell’ultima
archiviazione emergeva che Sabrina
fece un esposto il 19/6/2009 (quando
Ferraro ero uscito dal Sant’Andrea)
allegando alcune mail a lei (omettendo
di mostrare l’intero scambio di
mail tra i due, ma estrapolando
secondo convenienza) ed
evidenziando la assenza di richieste
punitive concludeva “ Voglio
solo che sia adeguatamente
curato e non faccia
del male a nessuno”
(?!). Un tempismo a dir poco
sorprendente: non potendo conoscere
la situazione del sequestro di
Ferraro, in quanto i due non si
frequentavano più da tempo, si era
comunque determinata a fare un atto
privo di conseguenze giuridiche?
Quella strana richiesta mostrava che
era ancora coinvolta nella vicenda,
tenuta dentro da qualcuno (non certo
da Ferraro) in qualche modo.
L’esposto fu poi urgentemente
trasmesso alla Procura di Roma, del
pari urgentemente ritrasmesso al CSM
ed alla Procura di Perugia. Nella
“ineccepibile” missiva al Comitato
di Presidenza del CSM (all. 16)
si legge con riferimento all’esposto
di Sabrina che “in esso è raccolta
documentazione dalla quale pare
possibile potersi desumere che il
dott. Ferraro Paolo non sia “compos
sui” nei rapporti con
Sabrina...” e poi “Ho saputo che
recentemente il dott. Paolo Ferraro
- formalmente in ferie – è stato
ricoverato per alcuni giorni
all’ospedale S. Andrea – reparto
psichiatrico ed ora sta
seguendo una terapia”. Niente
anomalie dal punto di vista
lavorativo ascrivibili allo stato di
salute del dott. Ferraro.
La
pratica fu appunto archiviata dal
CSM (procedura 404/2009.) e niente
era poi successo di nuovo. Tranne la
mia uscita in “libertà provvisoria
vigilata” a vista settimanale e poi
quindicinale dall’ospedale medesimo.
La nuova
procedura fu aperta col numero
571/2009 richiedendo una nuova
missiva alla Procura di Roma. La
nuova missiva (all. 17)
richiesta era solo analoga alla
precedente (trasmessa in data 2
settembre 2009, esordiva
sottolineando che perplessità sullo
stato di salute del dott. Paolo
Ferraro erano sorte dalla
lettura della denuncia in
data 24/11/2008 e indicando
espressamente “Successivamente
il dott Ferraro Paolo si è posto
in ferie nel Giugno 2009 ma ho
appreso dal dr.
Vitello che era
invece ricoverato presso il
reparto psichiatrico del
Sant’Andrea” - Da chi
lo avesse saputo il collega Vitello
non è dato sapere e i miei
“fratelli” non li frequentava
certo…). La detta nota riassumeva la
vicenda confermando la assoluta
normalità dell’attività lavorativa
di Ferraro, sottolineando che non
esistono certificazioni sanitarie ma
indicando che Sabrina aveva reso
alla compagnia CC Trastevere
dichiarazioni “con le quali
adombrava comportamenti anomali ed
inquietanti del predetto”. Quali
fossero questi comportamenti e come
mai indicati solo nella seconda nota
(?!) non si sa. Di
sicuro inventati ed indicati
immediatamente a valle di un caso
particolare di coattiva proposta di
TSO eseguita in forma di sequestro
di persona tramutatasi in
“ricovero volontario coatto” sotto
permanente minaccia .
La nota
succitata, invece, in penultima
frase sottolineava: “Si potrebbe
ipotizzare che la rottura del
rapporto con Sabrina abbia inciso in
modo profondo nell’animo del
collega”.
Ma
come?! Ferraro aveva avuto un’altra
compagna stabilmente dall’aprile
2009, il residuo rapporto scritto
con Sabrina era finito nel maggio
2009, lui l’avevo sostenuta standole
vicino fisicamente sino al marzo
2009 ( portandole persino la
cioccolata fondente di cui era
“tossicodipendente” a mezzi chili
alla volta ?! Si legga la parte del
memoriale
relativa a questa circostanza
“tipica “ ). La rottura del
rapporto dove si ubicava? Una
versione allineata a quale
verità? La versione poteva
coincidere con quella falsa del
primo psichiatra “occulto”, Luigi
Cancrini, il quale ignorava la
persistenza del rapporto, le prove
scritte (sms e mail) di tutto ciò. Il
Procuratore invece sapeva
perfettamente che Ferraro stava
vicino alla donna, il più possibile
accorto, che aveva in animo di
tentare di aiutarla sino all’ultimo,
che aveva scelto di allontanarsi per
poterla aiutare fuori dalla
“situazione ambientale”, aveva
letto sms e mail in cui la donna si
apriva o tentava goffamente di
aprirsi proteggendosi, in modo
significativo, sapeva degli
audio estratti e della loro
ascoltabilità dichiarata per scritto
persino dalla stessa donna.
Questo
allineamento
delle versioni ad una verità
semplificata era diventato
eclatante poi nelle deduzioni
redatte da Nello Rossi e
sottoscritte suo malgrado da
Ferraro. Questa è l’unica
abiura a lui attribuibile non avendo
avuto scelta. Nel 2010 la
analisi di quello che era accaduto
non era affatto completa e l'attacco
frontale poteva travolgerlo:si
trattava si acquattarsi o di farsi
giunco che si piega quando soffia
troppo forte il vento “ per salvare
le radici.
In terzo
luogo,
Ferraro mise letteralmente sotto
lenta insinuante ed accurata “dolce”
pressione il collega Stefano
Pesci che lo aveva “seguito
affettuosamente” nel 2009 e
l’aggiunto Nello Rossi. Entrambi si
erano mossi in direzione di una
“difesa tecnica” del
magistrato. Sarebbero quindi stati
ben lieti di sapere a esclusiva mera
conferma quanto assolutamente
infondate all’epoca fossero le “
valutazioni cliniche” pur risibili
su di lui e che grazie a varie
valutazioni avrebbe voluto/potuto
far rivisitare la pur passata
diagnosi. Più Ferraro diceva a
Stefano Pesci e più specificava le
cose che sapeva, più la reazione del
secondo era visibile.
Agnello
Rossi impensierito e preoccupato,
lievemente digrignando i denti
avrebbe esclamato “ sappiamo bene
che sei perfettamente sano sennò non
stavi qui a lavorare .in Procura ”
..( suonava più come una pressione
minaccia che un complimento ) .
Quando
in una cena a due, da lui
appositamente organizzata, Ferraro
parlò premeditatamente della
ricostruzione della situazione
ambientale e del ruolo dei singoli,
di persone concretamente
individuabili, di preesistenza di
traccia nota al pubblico e forse
ascrivibile al gruppo e
della natura dei
condòmini, delle mail della
donna che lui non aveva letto (ma
solo il Procuratore), cominciò ad
essere in crescendo più aggressivo e
diretto. Il tema era: di
questa storia non doveva parlare
con altri. Con lui sì,
curiosamente, ma forse voleva
che Ferraro si sfogasse
nell’assoluta non conoscenza degli
altri. Le
reazioni meno
dolci emersero quando con un
piccolo trucco verbale, Ferraro
sottopose a lui ed all’aggiunto
Nello Rossi la situazione strana
…di chi era stato o stava per
essere riabilitato sul proprio
stato di
salute retroattivamente. Era
ancora solo un piccolo banale
trucco, ma introducendo una
ridicola e furbesca richiesta di
intercessione con l’aggiunto Nello
Rossi (“potreste
spiegargli a Cancrini che non ho
mai avuto niente ?”) dopo
una prima incauta
ammissione rivela “io tenevo i
rapporti con il CSM...i rapporti
con Cancrini li teneva Pesci,
vedi con lui …” la
successiva reazione verbale alcuni
giorni dopo, assai
significativa: “Di questa
storia e di te non devi parlare
con nessuno, puoi avere ragione
al 100 % e sappiamo bene che
stavi bene e che stai bene se no
non rimanevi in Procura...guai a
te se ne parli con psichiatri,
psicologi, parenti e altri...non
ne devi parlare con
nessuno”. La frase
fu ripetuta con
violenza due volte, la
seconda eliminando il riferimento
positivo allo stato di salute.
E poi
Stefano Pesci: “l’hai presa
in … e se ti muovi ti farà più
male” (so che è
incredibile, ma fu questa
l’espressione prescelta, quando
Ferraro parlò di rivisitazione della
diagnosi al collega che
“amorevolmente” lo seguiva).
“Di questa
storia
non ne devi parlare per
due o tre anni...”.
A cosa fosse ancorato il
dies a quo, non certo a
prescrizione di reati, ed il
dies ad quem a decorso dei
termini per richiesta di
tabulati...oppure era un
calcolo approssimativo
sull’età pensionabile di
Ferraro?
In un
caso gli disse addirittura “non ti
devi difendere a Perugia, lo farai
solo se occorre...” e la
preoccupazione circa una difesa
anticipata e facile in un
procedimento per stalking senza
querela dove si poteva dimostrare la
ragionevole attendibilità dei fatti
solo depositando brogliacci, audio
estratti e mail della donna nonché
dimostrare la reciprocità delle mail
che escludeva in radice il fatto,
lasciò il magistrato un tantino
interdetto .
Tanto
premeva il silenzio su quello che
era accaduto a Ferraro, ma di più
premeva che egli non fosse
dichiarato guarito se non
addirittura mai malato.
Una
preoccupazione primaria dei due
“angeli custodi”.
Nel
frattempo Ferraro riparlava con i
miei fratelli dei fatti a loro
integralmente ignoti e delle novità
del comportamento dei due colleghi,
cercando di dialogare per aprirgli
gli occhi ma ottenendo loro
reazione sempre più
aggressiva . Veniva
costantemente appellato come malato,
implicitamente o esplicitamente:
ogni nuova cosa che riferiva essere
avvenuta doveva essere inventata,
ogni tentativo di avvicinamento per
spiegare veniva rigettato Il
magistrato decise di continuare a
telefonargli ugualmente: alternava
telefonate in cui si parlava del
tempo a telefonate in cui tentava di
introdurre qualche concetto, del
tipo “ma possibile che conoscendomi
da quaranta anni non avete pensato
che fosse possibile che...” ed altre
facezie che tentavano di perforare
un muro psichico di cemento armato.
A nulla servì
un finto riavvicinamento
della sorella, che gli chiese a sua
volta di spiegarle tutto o comunque
acconsentì, ed egli raccontò dati,
loro condivisione con terze persone,
possibili interpretazioni e
possibili ricostruzioni, scenari
ipotizzabili. Pensando ... ma vorrà
sapere o .. (?!). La sorella sembrò
anche irridente e distratta.: cosa
abbia fatto del racconto o delle
telefonate in cui prima chiedeva di
sapere e poi si faceva spiegare,
anche il giorno successivo, si può
solo ipotizzare.
A
distanza di un giorno riemergeva poi
disvelato un suo eburneo ostracismo,
ma troppo aggressivo.
Parallelamente
Ferraro
aveva richiesto alla struttura
ospedaliera di effettuare una
“rivisitazione critica” ripartendo
da tutti coloro che non avevano
voluto sentire prima, leggendo
a voce un documento
appositamente predisposto in
cui illustrava perché la diagnosi di
allora non potesse che essere
sbagliata. Da una piccola
spiata emerge poi che il fratello e
il figlio maggiore, su
consiglio di chì non si sa (ma
è facilissimo saperlo in epoca di
comunicazioni cellulari)
avevano chiesto un
appuntamento, di nascosto da
Ferraro, con la teutonica
psichiatra. Il magistrato partecipò
quindi all’incontro avendone svelato
la trama per telefono, con la forza
ed il rigore che lo
contraddistinguono da sempre. Il
fratello recitò la parte abominevole
di chi “ringrazia per aver accettato
l’incontro “propostomi”. Il figlio
suggeriva “aggravamenti” della
terapia (espressione sua) o
confermava quello che aveva detto
per telefono. Sarebbe stato un
“simulatore di reati…malato.” (anche
questa contenuto suo, espresso al
telefono).
Il
magistrato intendeva portare varie
persone a testimoniare a suo
favore, ma due solo furono sentite
per tre minuti, da sole, poi
dissero che non servivano i
testimoni di allora. Fu
riconvocato per un lunedì presto
ed il primario
alluse “simpaticamente” ad
una nuova terapia. Ferraro
spiegò a lui quali strani nuovi
atteggiamenti gli si mostravano
intorno, alludendo al contesto
ambientale della storia a
monte ... e che troppe cose non
quadravano. Seguirono tre settimane
di dialogo con la struttura e la
preghiera di ascoltare ciò che
fuoriuscito dalla “palla di vetro”
già magicamente si prospettava
udibile nelle registrazioni. Precisò
che della storia non gli
interessava personalmente (anche per
ovviare i consueti equivoci
“psichiatrici”) ma teneva più di
tutto alla verità sul suo stato di
salute di allora .
Nel
frattempo Ferraro decise di
rimettere a confronto, con qualche
abile accorgimento, il suo ex
difensore “di fiducia dell’ufficio”
Petrucci e lui, proprio lui,
il primo psichiatra, psicologo
ipnoterapeuta esperto in tecniche
“utili” Luigi Cancrini. Doveva
capire.
Primo
trucchetto: finse di voler far
risentire le registrazioni
all’avvocato avendo vincolato il CD
al contenitore e segnando anche la
posizione rispettiva con dei piccoli
tratti a matita allineati. Lasciò il
CD all’avv. Petrucci al quale chiese
poi di accompagnarlo dall’illustre
psichiatra Luigi Cancrini cui a suo
tempo “avevano” conferito l’incarico
di aiutare Sabrina.
Ferraro
preparò la cosa con due visite nel
corso delle quali si occupò
di smentire
ordinatamente ciò che lo
psichiatra aveva
inventato sul suo presunto
passato remoto (Cancrini neanche si
accorse che citava le sue mail a
Sabrina e che gli forniva dati e
testi che potevano smentire ogni
punto), poi volutamente lo aggiornò
su dati e su ciò che era successo
tra gennaio e maggio 2009
soffermandosi sulla nozione di
sequestro fattogli incomprensibilmente dai
parenti,
nozione assai rassicurante per lui.
Cancrini leggeva le mail della
donna e non tentennando sorvolava
con la solita tecnica, leggeva di
dialoghi che si sentivano e di mail
di amore della donna a Ferraro
risalenti a febrraio del 2009 e si
rabbuiava, ma restituiva le carte
senza dar loro peso. Il magistrato
gli mostrava l’sms del 13 Dicembre
2008 (allegato 8 precit.) e gli
chiedeva come mai all’epoca non ne
avesse considerato struttura
caratteristiche ed inquadramento
nell’ambito di un rapporto di ben
altro tipo (vedi sms tranquillo
pervenuto poco tempo prima).
Rapporto che quindi in realtà
permaneva con la donna e l’esimio
professore “cincischiava” (all’epoca
aveva detto che era un normale sms
tra fidanzati che si sono lasciati e
sono violentemente arrabbiati
accreditando addirittura la versione
improvvisata e palesemente illogica
di Sabrina, che le funzionasse male
il cellulare - sic !!!!!).
Ferraro gli chiedeva spiegazioni
solo oggettivando la vista di fatti
e documenti. Cancrini cercava di
raccontare che lui aveva aiutato la
donna mandandola da uno psicologo e
Ferraro (che l’aveva accompagnata
settimanalmente gli indicava
indirizzo dello stesso, vicino
piazza re di Roma). Fece
anche l’errore di
ammettere che era
stato relazionato dalla
psicologa di quello che si sentiva
nei file, ma i
presupposti dell’errore risalgono
all’incontro del Dicembre 2008 in
cui era presente la stessa e lui la
premeva impedendole di prendere la
parola affinché non parlasse. A quel
punto erraro raccontò della
(inventata) registrazione
dell’incontro con la psicologa e del
suo sms nonché della redazione
comunemente verificata di una scheda
promemoria.
Finì
l’ora ultima esausto e un po’
rabbuiato rinviando al terzo
appuntamento.
In
quell’occasione accadde un minuscolo
colpo di scena: Ferraro aveva
incastrato l’avvocato di ormai ex
“fiducia” Petrucci a venire ed egli
recitò male la parte: invece di dire
“ho sentito e verificato”, cosa
falsa, che aveva detto “si sentono
“delle cose”, il solito schema.
Lo psichiatra Cancrini cercava di
far dire a Ferraro che egli nel
Gennaio-Febbraio 2009 non dormiva ed
il magistrato lo smentiva
recisamente. Provocava dicendo che
nelle registrazioni si sentiva solo
la televisione, senza ottenere
soddisfazione. Affermava che nelle
registrazioni si sentiva tutto di
normale, ma anche l’avvocato
imitandone l’espressione guardava e
annuiva. Ferraro faceva un ping pong
continuo per controllare le
rispettive espressioni, finchè accadde che
tra
i due in perfetta ironica
intesa, uno dei due (stimolato
dal
magistrato con future previsioni
apocalittiche circa la sua
permanenza in magistratura) chiedesse
all’altro degli accordi all’epoca
presi con il Sant’Andrea e
l’altro impallidito girò la testa
verso sinistra dicendo “non c’è
problema non c’è problema ...lo dice
lui”. Quest’ultimo era l’avvocato
Petrucci che rispondeva e non
si parlava dello sventato
trasferimento.
Il
quarto incontrò fu il più
divertente. Ferraro aveva preparato
la scena necessaria poiché
nell’ultimo incontro anche lo
psichiatra Cancrini aveva fatto
finta di accettare audio e
trascrizioni per verificarne il
contenuto.
Per
calmare le acque al Sant’Andrea
Ferraro aveva anticipato alla
psichiatra teutonica che avrebbe
strappato le trascrizioni e fatto
venir meno la richiesta di verifica.
Dinanzi all’antico psichiatra
“occulto” Cancrini, dopo una lunga
premessa sulla sua professionalità e
la sua storia, con delicatezza
studiata e lentezza dei
movimenti strappò i brogliacci
(gesto cui lui ambiva,
perché la carta senza
audio è di per sè manipolabile
come prova di un
deliquio). Ferraro fece una
breve analisi di come sarebbe potuta
andare la storia procedimentale di
quei fatti e ripreso il CD
audio (che peraltro conteneva
brani musicali di Eric Clapton
appositamente rinominati:
intendeva prenderlo in giro e
verificare se avesse sentito il CD)
volle studiare le sue reazioni che
non mancarono.
Rifece
finte domande sul suo sonno di
allora che si tramutavano in sue
affermazioni recise “sei tu che mi
di dici che non dormivi e poi non
potevi dormire, stavi male” (curioso
argomentare alla rovescia e assurda
asserzione, suonava come una
minaccia). Usò una frase
insinuante compatibile con
un’atteggiamento psichiatrico “ho
telefonato ieri allo psicologo della
donna, perché tu mi dici che è in
pericolo”. Replica immediata del
magistrato: “all’epoca parlavo di
reiterazione dei fatti e di
pericoli, che riguardavano anche il
minore, io non le ho mai detto
questo oggi”. Terminò irritato
dicendo “no, tu lo hai detto”. Nel
salutarlo appariva solo poco poco
risollevato, intravedeva forse una
nuova diagnosi utilizzabile: Ferraro
era troppo coerente troppo lucido
e convinto, troppo preparato e
sereno. Lo schema doveva
ricomprendere la sua identità…La
targhetta giusta da
reinventare e la minaccia,
incredibile: “l’elettroshock” in
perfetto stile nazi-comunista .
E quì inizia la
vicenda ironica dell’etichetta
di “iperlucido con delirio di
riferimento” che avrebbe
tentato di sussumere il primario
del Sant’Andrea Girardi, prima
di ammettere altra versione
ed entità della “vicenda” e i
retroscena a lui noti e di
chiedere “tutela”. Salvo
poi incauto colpo di coda
”intellettuale”.
Nel
frattempo una telefonata blitz
digitale all’avvocato di “ex
fiducia” e “di fiducia dell’ufficio”
Petrucci aveva ottenuto l’effetto di
sbalestrarlo e di farlo cadere:
colto di sorpresa e
debitamente trattato con
decisione, aveva poi ammesso
che sapeva bene in che
“ vespaio ad alta
tensione “ si era cacciato il
magistrato. Espressione sua.
Ferraro gli dissi duramente “ora vai
a dire al S. Andrea tutto quello che
sai ..” Rispose sì con voce
colpevolizzata e puntualmente il
giorno dopo era entrato subito in
contatto con il collega
“amorevolmente interessato” Stafano
Pesci (lo disse poi quest’ultimo,
con aria minacciosa). Il giorno dopo
l’avvocato scrisse vari sms di
smentita e allusivi (ovviamente
aveva ripreso fiato) ma ormai si
sapeva con certezza quale e quanta
fosse la storia e la malafede di chi
lo aveva “accerchiato”.
VI.
LA
RICHIESTA DI FERRARO
PER UNA
RIVISITAZIONE CRITICA
CIRCA LA ERRONEA
VALUTAZIONE A SUO TEMPO
EFFETTUATA. SERIE DI
REAZIONI E FATTI
VERIFICATISI. PISTA
PSICHIATRICO
OSPEDALIERA
Restava
il Sant’Andrea: forse una porta
aperta, in quanto già all’epoca
Ferraro aveva intuito che il
Sant’Andrea poteva essere stato un
“incidente di percorso” , infatti
era destinato al San Filippo Neri,
dove “lo conoscevano bene”
( un frase terrorizzante : ma chi
aveva mai visto o frequentato quei
criminali in camice ?! ), ma la sera
del sequestro non c’erano posti
liberi....
Nel
frattempo Ferraro intratteneva
rapporto di coppia con
la dott.ssa Patrizia
Foiani, vita normale, impegno
sul lavoro normale, amici, leale e
tranquillo rapporto con tutte le
persone che frequentava, salvo la
tensione salita da parte dei due
colleghi nei suoi confronti. E la
sua consapevolezza che da un momento
all’altro poteva partire una
reazione più formale.
Continuava
a tentare di parlare con i suoi
fratelli: disse loro che la vicenda
sarebbe prima o poi emersa.
Provocava sottilmente e qualche
volta indignato da loro spudorato
atteggiamento del tipo “sei grave,
stai male, ti inventi tutto” etc
etc..
Con
telefonate calme aveva interloquito
col fratello Marco, i cui rapporti
telefonici “ illustri”
ipotizzava allora genericamente. Ma
questi teneva un rigoroso silenzio
negando anche l’evidenza. Spesso il
fratello alludeva a fatti, parole,
comportamenti altrui che poteva
conoscere solo tramite continuo
aggiornamento. Con la sorella si era
creato un rapporto di sfida:
Ferrraro la chiamava, le introduceva
un tema singolo per sondarne la
disponibilità a ragionare, lei lo
trattava come immaginabile, lui la
salutava cercando di non perdere la
pazienza. Un tassello alla volta,
per capirne la ormai
incomprensibile e meramente
ipotetica buona
fede: mai ella intimò di
non telefonare più, salvo due
occasioni in cui disse “se dobbiamo
litigare è inutile...tu stai male,
punto e basta...hai un problema di
salute mentale”. Poi successe
la cosa strana che chiamandola per
riuscire anche solo a
salutare, cosa che avveniva
spesso e volentieri, scattava
subito il fax dopo due squilli e
Ferraro era costretto a ritelefonare
anche due o tre volte: un problema
tecnico, perché alla fine gli si
rispondeva normalmente ( ma
l'argomento delle troppe telefonate
"tre o quattro " consecutive venne
utizzato in una incontro sceneggiata
del 29 dicembre 2010 da Simonetta
Ferraro. problema e falso
argomento segnalati in telefonata
in cui dal marito della sorella
venne coperto improvvisamente di
previsioni minacciose e insulti
vari; telefonata oggetto di
recente video pubblicato in rete).
Venne
poi una convocazione all’ospedale di
sabato mattina anticipata dal
Lunedì. Ferraro decise di fare
uscire allo scoperto il primo dei
suoi due avvocati “nascosti”, il
quale aveva verificato
l’audio, sentito la storia,
controllato i
documenti, sentito altri
riscontri “
digitali”, sottoposto il
magistrato a veri piccoli
interrogatori e domande trabocchetto
per capire fino in fondo
. Veniva solo per confermare la
assenza di qualsiasi possibile
ipotesi di problema psichiatrico a
monte, non essendo la storia niente
altro che ragionevolmente
ipotizzabile, indiziariamente
significativa e forse qualcosa di
più.
L’incontro
durato
due ore e mezzo fu talmente
significativo da sbalordire. Il
professor Girardi con accanto la
psichiatra teutonica, presentatosi
con la teoria dell’aggravamento
della terapia, necessario in quanto
Ferraro riparlava dei fatti da
lui subiti (egli in realtà
ripeteva per scritto, oralmente,
continuamente in tutti i modi che
della storia non gli interessava
nulla sul piano emotivo e personale
e che se forniva precisazioni era
per affrancarsi
dalle valutazioni a suo tempo
usate come un macigno contro di lui,
in realtà tutte poggiate sulla
"ufficiale" infondatezza della
storia). Incalzato
logicamente da
Ferraro, ammise la formale ma
anche sostanziale illegittimità
della “proposta” coattiva di
TSO originario (l’eventuale
problema psicologico non la
giustificava, la prediagnosi era
vistosamente improvvisata, le
altre condizioni mancavano)
solo salvandone con argomento
antigiuridico l’aspetto
coattivo
anticipato come prassi...romana
( sic !!! ). Non si rendeva
neanche conto che infondatezza
della proposta di TSO =
infondatezza del ricovero.
Poi
recuperò il valore psichiatrico di
un “giudizio formale” all’epoca
effettuato sul comportamento del
magistrato ed alle obiezioni circa
la distorsione del giudizio formale,
la possibilità di ricostruirne il
vero comportamento attraverso chi lo
aveva frequentato realmente e
attraverso le sue dichiarazioni,
saputo della serie di persone pronte
a testimoniare e saputo che due
erano già venute ma che si era detto
di non farne venire altre, fece il
suo colpo di scena. La
storia era vera (?!) ma non
contava nulla .. ripetè, il
giudizio era “formale” (?!)
fino a quando per dimostrare la
patologia di Ferraro produsse
con aria trionfante le
trascrizioni dei file dell’epoca
gettandole sul tavolo dinanzi
all’avvocato: … ecco la
prova della psicosi... diceva con
quel gesto.
Peccato
che usava
una trascrizione verificabilmente
aderente ad audio veri: poteva
forse esserci qualche inesattezza
su qualche parola o qualche
significato fonetico, ma erano
files audio mai
ascoltati da nessuno dei
“convinti” assertori della
“psicosi reattiva” di Ferraro,
con la eccezione non
insignificante dell’amorevole
collega Stefano Pesci afflitto
peraltro da problema uditivo
“dichiarato”, che lo seguiva
“umanamente”, con CD rimasto poi
nelle mani della psichiatra
teutonica .
IL
DOTT. GIRARDI ASSERIVA
IN CONCRETO CHE LA DIAGNOSI DI
PATOLOGIA ATTRIBUITAMI ERA
FORMULATA SULLA BASE DEL CONTENUTO
DELLE TRASCRIZIONI E
REGISTRAZIONI EFFETTUATE
E QUINDI SU DATI CHE MAI ERANO
STATI VISIONATI (O ASCOLTATI,
NEL CASO DEI FILE AUDIO) DA CHI
HA FORMULATO LA DIAGNOSI.
Si trovava ora dinanzi ad un
professionista, il nuovo avvocato
imperturbabile, che aveva più volte
sentito tutto per essere sicuro al
cento per cento; persona che non
nutriva dubbi avendo accertato tutto
(perfino una insignificante
discrepanza su una frase, poi
superata.
Arrossendo
vistosamente
per la contrarietà, il primario
capiva la differenza della
situazione: non c’era più un giunco
infranto, piegato e solo ( che
fingeva, rintanato, in attesa di
ricostruire tutto ), c’erano Paolo
Ferraro ed un primo professionista
che affermavano serenamente, il
secondo con un pacato silenzio di
palese smentita e dissenziente, la
(loro) verificabile, giustificata
equilibrata versione. Poco prima,
dopo vari cedimenti alle ordinate e
pacate obiezioni motivate, allusione
all’incauto sillogismo “da delirio
psicotico a deliroide permanente”
con declamazione della frase “lei è
un iperlucido”;
adesso l’equazione si
scioglieva come neve al sole:
mancava il fondamento. Ferraro aveva
già più volte chiarito che in gioco
era la sua indipendenza, identità e
l’indicazione di fatti valutabili e
verificabili era solo tesa a
dimostrare ciò che lo riguardava.
Il prof.
Girardi era stato avvisato
delle pressioni subite da
Ferraro anche verbalmente e aveva
lasciato a briglia sciolta la
teutonica psichiatra con il compito
di verificare a che punto fosse il
magistrato sulla storia e che
cosa intendesse fare. Ferraro curò
di riferire fatti e dati anche su
richiesta (mai avevano ascoltato le
registrazioni!): la dott.ssa aveva
lanciato la frase “ci stiamo
ricredendo” (trappola o
verità?). Alla sua decisione di
sentire CD se ne uscì con la
asserzione “verificherò ma occorrono
tre settimane per sentire”. Era
evidente, cercava solo il tempo
“catecumenale” per una diagnosi,
altro che apertura di credito!
Ferraro si lasciò scappare la frase
“nominerò altri psichiatri ..” cosa
che ha regolarmente fatto. Fece
anche una studiata provocazione
inviando alla psichiatra teutonica
tre mail rispettive di taglio anche
spiritoso con allegati files
distintamente sentiti (in
condizioni ottimali) dalla sua
compagna e dal suo avvocato e un
file delicatissimo (adeguatamente
ripulito)
con inequivoche presenza minorile e
contesto. Le stesse due mail inviò
al collega Stefano Pesci. L’una
confermò la ricezione, in ora di
ufficio, dal computer del reparto,
buono solo alla dattiloscrittura o
alla registrazione dei dati, mentre
l’altro rispose con una mail in cui
definiva tutto ciò che si sentiva “
brodo acustico”, confermando il suo
particolare problema
politico-auricolare. Ferraro non
cercava certo di convincere, sapeva
di sbilanciarsi e poter mettere in
mani particolari argomenti
“tematici” utilizzabili contro di
lui. Ma ormai la situazione era
diversa, non era più solo,
quindi avrebbero dovuto
sostenere un’improvvisa epidemia
di tanti deliranti deliroidi
oppure ammettere tante attività
illegali coperte...
Il
secondo incontro con la psichiatrica
teutonica fu esilarante: Ferraro la
aggiornò solo su piccoli eventi
quotidiani dell’ufficio, ribadì che
della storia in sè non gliene
importava un fico secco (la litania
serviva a smontare l’equazione
assurda coinvolgimento
affettivo=patologia mentale) e
cedette la parola all’avvocato
venuto sempre per il solito motivo.
Nel frattempo era, senza apparire,
entrato in gioco anche il secondo
difensore incaricato, che aveva
sentito e condiviso con il primo
l’audio di file più importanti.
Estremamente cauto e con perifrasi
preparatorie, l’avvocato
presente illustrò
sinteticamente ed in modo
inequivocabile il contenuto di
uno dei file più
delicati precedentemente
inviato anche per mail alla
psichiatra, rimasta ora (come al
solito) priva di espressione
percepibile alla notizia. Chi era lo
psicotico ora? Le si confondevano le
idee, forse, ma sempre teutonica
rimaneva...
Il terzo
incontro, richiesto direttamente al
prof. Girardi, con intervento del
secondo avvocato anche lui ormai
perfettamente informato e formato
sui fatti, si rivelò invece una
sorpresa gradita. Era il dicembre
del 2010.
l professore confermava che valutando il complesso della vicenda intendeva subito certificare il perfetto stato di salute psicologico e psichiatrico attuale del magistrato (tema già da lui introdotto nel sabato precedente). Visibilmente preoccupato, nell’accompagnare alla porta Ferraro ed il suo secondo avvocato, con porta esterna aperta, rosso in viso, rivelò di persone pericolose che affollavano la vicenda, esternando concetti molto più chiari ed incisivi, con espressione del viso tra il preoccupato e l’impaurito. Precisò che invocava una denuncia dell’avvocato di Ferraro, per essere messo in condizione, si capiva, di sottrarsi alle pressioni implicitamente lamentate (disse testualmente che ciò “gli avrebbe fatto piacere”). Già nel precedente incontro aveva eufemisticamente parlato di vari personaggi “che gli stavano antipatici e che affollavano la scena”. Prese
tempo per la certificazione, ma in
effetti era chiamato ed atteso in
reparto, sempre rinnovando
l’appuntamento per finalmente
certificare la “novità”. Ferraro
informò personalmente della “buona
novità” il Procuratore Capo
Ferrara ….....
In
sequenza temporale sono
successivamente accaduti i seguenti
fatti che ci limitiamo
ad elencare oggettivamente:
E’ bene
precisare a sua scusante che da
molti anni è affetto da problemi
arteriosclerotici. Nel periodo
seguente e dal mese di Gennaio in
particolare sarebbe passato
dal tacere/sottacere/negare/affermare il
fatto, fino a raccontare versioni
una più differente dell’altra sui
tratti e sembianze che aveva potuto
intravedere, con le ultime versioni
quasi ridicole . Ma nella prima
versione era stato quasi
ineccepibile. Il detto genitore ha
sempre negato di avere rapporti
telefonici e personali con il figlio
Marco Ferraro, specie nel periodo
Dicembre 2010 Marzo 2011 e che la
anomalia delle versioni succedutesi
è tale da sembrare non
giustificabile solo con l’età e da
necessitare accurata verifica. Non
sapremo mai se di Babbi Natale con
vestito fuori ordinanza si trattava,
o di "testimoni di Geova" senza
cravatta, ipervitaminizzati, oppure
di pastoroni sardi od abruzzesi,
senza pecora o zampogna. Forse
sarebbe stato meglio che il padre
avesse aperto la porta, o forse no.
Ma più tardi a distanza di un anno
il magistrato avrebbe trovato indizi
di una sua “appartenenza” da
impiegato del Ministero dell’Interno
poi andato in pensione ed avuto
implicite e meno esplicite
ammissioni...
Lo
stesso 29 dicembre il prof.
Girardi, di mattina, convocata
la parte della“famiglia Ferraro” che
in realtà il magistrato non vedeva
da tempo (con l’eccezione del
padre e dei figli: insomma
convocata
anche la sorella venuta poi con il
marito) proclamò:
“ Per me il dott. Ferraro
Paolo sta perfettamente bene da
ogni punto di vista. Parlate voi,
chi deve opporsi e dire qualcosa
“lo dica ora o mai più” con
citazione di chiaro sapore
canonico-manzoniano.
La
ridicola bagarre che ne
nacque, Ferraro impassibile,
vide suo cognato scagliarsi contro
di lui e suo padre, urlando che
tutti i problemi erano risalenti al
padre; la sorella con espressione
visibile (e valutabile) disse
che Ferraro l’aveva
infastidita/impaurita con continue
telefonate (quelle di mero saluto,
ricerca di chiarimento o dialogo
troppo spesso sistematicamente
incappate in plurimo fax
attivato al secondo squillo, si
ricordi...) dicendo che di lui
aveva paura la sua ex moglie e
che per questo non era venuta. La
sera prima il magistrato stato a
cena da quest’ultima dopo aver
tenuto le bambine tutto il
pomeriggio e la mattina (sic !!!)
e l’ex moglie disse che non
intendeva più mischiarsi a quella
incredibile follia familiare (era in
perfetta non buona fede
anche lei, ovviamente, peccato che
tale “follia familiare” fosse a
lei nota fin dai primi giorni del
loro antico rapporto, così come il
suo tenere a bada il tutto
semplicemente facendo la propria
vita). Ferraro riferì di tale
incontro sua sorella, che storse il
viso: aveva inventato una bugia
costruita.
Il
professore giocò una carta riservata
(sapeva della gravità dei rapporti
interpersonali della famiglia, e del
“lavoro terapeutico” effettuato
dal
primo “psichiatra occulto”
Luigi Cancrini): si alzò e pregò la
sorella, il cognato e i due figli
del primo matrimonio di Ferraro a
seguirli. Non sappiamo cosa dissero,
poi tornò, sancì che occorreva una
terapia familiare (lo avrebbe capito
anche un masso, visto lo
stato in cui erano ridotti):
Ferraro rispose con un “sì
certo, è evidente”
che parlava più di un comizio
intero. Girardi parlò poi brevemente
con Ferraro padre, che ancora
raccontava di come il primo
psichiatra Cancrini avesse impostato
la vicenda, con una apparente ignara
ingenuità imperdonabile nonostante
l’età. A distanza di un anno è
emerso ben altro.
Il prof.
Girardi infine disse al magistrato
“torna la prossima volta, adesso non
ho tempo di stilare il certificato”
indicando una data poi rinviata con
sms.
Una sola
volta Ferraro si era recato negli
ultimi sei mesi con l’auto dal
fratello e poi dalla sorella, di
domenica pomeriggio, per tentare di
parlargli. Il fratello, più accorto,
lo fece parlare per 4 minuti più o
meno, dopo di che il magistrato si
congedò da lui e dalla
famiglia. La sorella invece lo
accolse come si accoglie un
appestato: lo fece entrare ma non
parlare, lui tentò di dirle che
troppe cose nuove succedevano e che
volevano parlare con il Procuratore
Generale, che dovevano almeno
provare a capire. Le repliche furono
“sì dobbiamo parlare, tu sei
gravemente malato” e impedendogli di
spiegare lo accompagnò al cancello
esterno dov’era parcheggiata l’auto,
facendo un gesto reiterato la
cui assurdità e “follia” era
agghiacciante. Gli
accarezzava con
tratto quasi violento,
nevrotico e reiterato privo di
dolcezza almeno dieci volte la
schiena. Il magistrato si allontanò
ancor di più sbalordito ma
almeno
sapeva una cosa: le convinzioni di
sua sorella erano tali da darle un
comportamento inequivocabilmente
“patologico”, dal suo punto di
vista. Cosa pensasse e
chi continuava eventualmente ad
influenzarla non è dato sapere
con certezza. Il magistrato
relazionò poi la psichiatra
dell’assurda situazione (era il
giorno successivo alle telefonate
anonime e la sua compagna lo
aveva seguito lì per
confermarle) e domandò con ingenuità
non ingenua “ma può essere in
buona fede mia
sorella?” per significare “insomma
vi rendete conto in che stato è
ridotta, che grave situazione si è
creata?”. Riflettendo rapidamente
ed associando gli elementi a
sua conoscenza , lievemente ironica
e trasognata la psichiatra teutonica
disse un .." può essere .... "
dubitativo ( secondo me pensava alla
intensità e qualità della
manipolazione subita .... ).
Nel frattempo una sola telefonata il 6 Gennaio 2011 alle ore 13 e 27 con il cognato Gianni Nicolosi carica di insulti subiti (“frocio, cacasotto, pezzi di merda , riferito al magistrato e curiosamente anche al fratello probabilmente solo perché in vacanza si era sottratto all’incontro del 29 Dicembre). Minacce implicite (“stai con le pezze al culo”) ed una osservazione sulla intelligenza della moglie che lasciava, solo in ipotesi evanescente, supporre qualcosa di intelligentemente realizzato ( o così ritenuta dal Nic. ) . Riguardo poi la rapida pseudo-carriera pseudo-politica della sorella di Ferraro, impiegata pubblica, vincitrice all’improvviso della abilitazione per avvocato (nel dicembre 2009 a 43 anni) e convocata come “esperta” in due convegni di magistratura democratica dell'area dei lavoristi ( Rossi, Pivetti e via via post-miglioristi discorrendo )...basta cercare su internet.. La nuova
convocazione del primario del
Sant’Andrea Girardi “per la consegna
del certificato di perfetto stato di
salute” di Paolo Ferraro, rinviata
dal Sabato era prevista Lunedì
mattina 11 Gennaio 2011
ore 8:30 ( curiosa ora ). Il
magistrato si presentò accompagnato
dai suoi due avvocati (tutti
"attrezzati" per una attività lecita
di registrazione del colloquio tra
presenti)
valutando che c’era
qualcosa che non
quadrava. Arrivarono
leggermente tardi e il prof. Girardi
chiese (?!) l’autorizzazione a poter
parlare della sua (si saprà,
“nuova”) situazione. Disse davanti
che secondo lui la terapia (due
pasticche di litio che era ancora
costretto a prendere per scongiurare
la minaccia correlata alla
interruzione di tale “terapia”)
non avevano più fatto effetto, o che
aveva smesso di prenderle. Che
occorreva una nuova terapia. Spiegò
cattedraticamente e in astratto la
differenza tra convinzioni giuste,
convinzioni lecitamente errate,
convinzioni sbagliate ed in mezzo le
convinzioni deliroidi fondate su
fatti non accaduti così come
percepiti o fatti solo in minima
parte veri ma ricostruiti secondo
logica malata ed inaderente frutto
del "vissuto". . E pensare
rifletteva Ferraro,
ironicamente, che Girardi
stesso aveva manifestato la
stessa forma di patologia da lui
descritta quando impaurito e rosso
in viso aveva rivelato di “persone
pericolose” (mentre Ferraro sino
ad allora non ne aveva mai parlato
e neanche supponeva alcune cose
che avrebbe invece di seguito
accertato).
Disse che la nuova terapia doveva essere tarata e che il magistrato doveva ricoverarsi volontariamente (doveva...volontariamente???) per cinque giorni. Il magistrato pacatamente replicò ad ogni sua asserzione e poi, neanche preoccupato dell’improvviso revirement, si allontanò con uno psichiatra da Girardi destinato, si saprà dopo, a convincerlo della urgente improcrastinabilità del ricovero “volontario”. Parlò serenamente con quest’ultimo, dott. Sani, che non era al corrente di nulla ma si affaticò per raggiunere l'obiettivo assegnatogli di indurre Ferraro a ricoverarsi ) ?!?! . In assenza di Ferraro uscito dalla stanza , il primario prof. Girardi disse una sequenza di cose IMPRESSIONANTI, descrivendo una situazione ormai irreversibile e grave definita come “questo disastro” di pensiero deliroide, di allargamento a macchia d'olio (non sapremo mai se si riferisse al parlare con colleghi o piuttosto all’allargamento di ipotesi o scenari, ipotizzabili e scartabili semplicemente inserendo elementi od indizi contrari). Parlò di necessità di ricoveri lunghi e molteplici, di terapie pluriennali, di una presunta ipersessualità (!!! è un indizio sintomatico di gravi patologie varie, mentre per gli ignari è un complimento ambito) ed assurdamente di assoluta “solitudine” del magistrato (che invece aveva ed ha una regolare compagna, gli amici che vivevano e sono in contatto continuo con lui, una vita sociale di lavoro intensa e soddisfacente, rapporti fatti di stima e fiducia con i colleghi, la stima indiscussa del foro di Roma e della magistratura (anche deviata) , interesse alla vita ed alle persone, una serenità interiore fondata sulla coscienza e sui valori flessa un poco solo dalla preoccupazione che la sequenza delle pressioni e nuovi fatti “da classificare previo approfondimento” ed interpretare, poteva legittimamente comportare). Il prof.
Girardi arrivò a parlare di “ricovero
volontario” per 15
o 20 giorni e illustrò altra prassi
lternativa suggestivamente impostata
come tema generale: l’appoggio
necessario al CIM (Centro Igiene
Mentale) che procede a sua volta
come da prassi necessitata a
continui ricoveri e TSO ( “bum
TSO bum TSO” disse
suggestivamente, a far immaginare la
sorte di Ferraro destinato al CIM e
la “pubblicità” che ne sarebbe
derivata). Precisò varie sfumature
astratte sulla presunta gravità
della situazione definita “questo
disastro”, parlò di presunti
buchi del pensiero del magistrato,
senza dire quali (solito vizio
“metodologico”), indicando la
necessità oltre che del ricovero di
terapie pesanti pluriennali (un
antipsicotico da elefanti giganti,
si presume, vista la dimensione
delle sinapsi da annichilire). Pregò
“caldamente” i due avvocati, vista
la asserita quasi irreversibile
gravità della situazione, di convincere Ferraro.
Aggiunse anche il condimento necessario (che rese ulteriormente scotta la zuppa guasta) affermando “ hanno telefonato dalla Procura, questo vi prego di non dirlo però al dott. Ferraro, hanno telefonato dalla Procura dicendo che sta facendo errori o sbagli sul lavoro, questo qui che è una persona carinissima, deve essere un collega del dott. Ferraro, oppure il vice …..”. Tutto registrato, ovviamente . Soddisfatto
del risultato ottenuto il prof.
Girardi si allontanò per un impegno,
lasciando stravolto e scioccato
l’avvocato più sensibile, interdetto
e sbalordito l’altro di più antica
esperienza e forza, costruita su
prove di vita e professionali, ... I
due avvocati raggiunsero il
magistrato visibilmente scossi nella
saletta dove per due ore e trenta vi
sarebbe stato un colloquio
lucido e sereno con lo
psichiatra neo “addetto” al ricovero
“volontario” dott. Gabriele Sani.
Nel
corso del lungo
incontro il giovane psichiatra
si produsse in artati e
pindarici sillogismi volti a
dimostrare la necessità di un
ricovero
immediato: l’immediatezza
evocata era a dir
poco TRASPARENTE… Alluse a
bassa voce a “problemi cognitivi”
(ovviamente non sapeva nulla di
concreto di lui e ripeteva una
pappardella astratta illustratagli
in fretta e furia sempre “in
astratto”). Perse la pazienza alla
“obiezione linguistica” dopo che
aveva introdotto il
concetto suggestivo “spero
che lei non si penta” (del non aver
subito accertato il cortese invito,
c’era già un letto disponibile). Non
resse alla distinzione tra
sospetti fondati, concetto
introdotto dal suo primario, che
necessitano di una verifica clinica
e sospetti assolutamente infondati
che necessitano semplicemente della
acquisizione mera di
informazioni reali corrette ed
equilibrate (oppure ancora
sospetti strumentalmente e
dolosamente utilizzati, diciamo noi,
che necessitano di intervento
repressivo della autorità
giudiziaria...). Non riuscì
ad ottenere un rifiuto
esplicito alla cortese proposta, che
avrebbe ancora una volta fornito il
pretesto per attuare una iniziativa
disperata. Ferraro chiese solo un
rinvio per valutare la “buffa” nuova
situazione...
Non era
più il tempo di attendere: dopo due
giorni seppe esattamente,
al centimetro, la portata,
incredibilità e insinuante
minacciosità delle
“valutazioni” che avevano
provvisoriamente fustigato l’animo
dei suoi due avvocati. E
solo l’ascolto
possibile di queste illuminerà
più di qualunque argomentazione.
A catena partirono ( DOCUMENTAZIONE sulla PISTA PSICHIATRICO OSPEDALIERA ):
Nel frattempo
era
stata inviata una relazione
dell’ufficio della Procura al CSM:
sarebbe utile fare
un’analisi temporale della
sequenza relazione-invito al
ricovero. Risulterebbe tedioso
il racconto analitico del
successivo, pressante, irato, meno
argomentato, duplice “invito” a
ricoverarsi in forma “volontaria”
subìto da Ferraro in ufficio, oppure
a prendere 15/30 giorni di congedo
ordinario, ma curiosamente
“debole” per i toni
proprio anche sotto il
profilo giuridico. Ciò avvenuto a
notizia pervenuta dello stallo non
preventivato e a cavallo
delle novità ulteriori prima
elencate.
Seguì uno scambio illuminante di note tra avvocati FAX in data 02/02/2011 ore 18:51 (pervenuto il giorno prima della convocazione presso la Procura Generale del solo avv. Minghelli Gianantonio alle ore 11:00 del 03/02/2011) inviato dall’avv. Antonia Di Maggio che dichiarava di agire per conto di “alcuni parenti”. Un fax tanto allusivo, implicitamente violento ed intimidatorio e volto a liquidare con diffide gli avvocati di Ferraro, salva conclusione melliflua, e tale da far ritenere opportuno l’approfondimento circa la paternità dello scritto e del mandante. Insieme a loro fu infine redatto il sereno ed equilibrato fax di risposta avv. Minghelli in data 4/2/2011... . Venne consegnata infine ulteriore relazione psicometrica di altro psichiatra criminologo prof. Francesco Bruno e della psicologa dott.ssa Daniela Veneruso, relazione anch’essa come l’altra escludente in radice qualunque patologia di qualche rilievo psichiatrico a valle ed a monte (all 20 bis e 20 ter), fatta eccezione per lo stato di ansia da “vissuto” accumulata nel Dicembre 2010 e Gennaio 2011 e per una “rovesciata” e capziosa allusione ad un rapporto “pseudonevrotico” con i parenti. La reale situazione era completamente rovesciata e leggendo il tutto si può capire quanto Ferraro avesse fatto bene a scegliere il “famoso” Francesco Bruno e che frequentando il suo studio avrebbe probabilmente capito molte cose. Era evidente che con la sua relazione veniva lasciata aperta la sponda della PISTA PSICHIATRICA FAMILIARE esattamente come orchestrata da Luigi Cancrini. Il tutto confermatosi ex post e testimoniato anche da un diario che incautamente richiesto dal Cancrini al padre del magistrato, a sua insaputa e addirittura dal Natale 2008, a lui consegnato solamente il 23 Dicembre del 2011 in un attimo di stordito pentimento del suo stesso padre. Costituisce anche una prova di come si mosse il detto “psichiatra psicologo ipnoterapeuta” Luigi Cancrini. Per quanto concerne invece il fatto, alcune letture e la gravità confermata dei fatti ivi indicati, vedasi lettera durissima di vari avvocati che illumina di luce i fatti. Nel
frattempo preso atto della forza
delle pressioni che mergeva
dalle condotte sempre più incerte e
indecise dagli avvocati, ma
soprattutto del loro ruolo ormai di
testimoni, Ferraro sollevò entrambi
dal loro incarico di assistenza
diretta in previsione della
necessità di un loro coinvolgimento
e in qualità di parte offesa e si è
rivolto ad altri
professionisti.
|